CHIUSI, UNA CITTA’ RIDOTTA A DORMITORIO. FAR USCIRE LA GENTE DI CASA E’ LA PRIMA EMERGENZA DEMOCRATICA…
di Marco Lorenzoni
CHIUSI – “Effetto ripresa. Grazie Renzi, con il bonus (falso) di ottanta euro, a Chiusi alle h 10,36 ho incassato € 53,40. Poi si lamentano se li mando… dove devono andare”. Così un commerciante ambulante ha scritto stamattina su facebook. Sì perché ora, nel buono del mercato settimanale ha anche tempo di scrivere su facebook. Che a Chiusi Città di gente il martedì ne gira poca, anche se c’è il mercato. Gli altri giorni anche meno. Domenica scorsa alle 15, c’erano 5 turisti cinque al chiosco davanti al teatro, tre chiusini 3 al bar Centrale e una quarantina di motociclette posteggiate in piazza del Comune. C’era un motoraduno con “piciata” in qualche ristorante. Stop. Un altro bar in cui un tempo si riunivano i patrioti chiusini a congiurare, chiuso con catena…
Così è spesso anche dopo cena. Un po’ di giovanotti alla Brasserie e qualcun altro al ristopub in via Porsenna. Quasi tutti del posto. Rara la folla nei bar, se non c’è qualche evento nei pressi.
Eppure Chiusi Città ha velleità turistiche. E ne avrebbe pure i requisiti: tre musei, una bella e prestigiosa cattedrale, angoli suggestivi, palazzi architettonicamente interessanti, un clima piacevole, un certo numero di ristoranti… E’ pure una cittadina tenuta piuttosto bene, ordinata, tranquilla. Certo se i bar chiudono alle venti, se il Museo Nazionale non rimane aperto nemmeno la notte dei musei, non è facile fare il paese turistico…
Allo Scalo la situazione è, se possibile, ancora peggiore. Anche adesso che c’è qualche bar aperto in più la sera, sembra che qualcuno abbia decretato il coprifuoco. A parte qualche gruppetto di quindicenni (rari anche quelli) solo qualche capannello di immigrati che se ne stanno per conto loro, coi loro taftani tradizionali in piazza Garibaldi, in Piazza XXVI Giugno. Loro non si mescolano, gli autoctoni li guardano con una certa diffidenza… Ma di autoctoni, nemmeno l’ombra. Solo qualche irriducibile passeggiatore. Che dopo un po’ però si stufa di girare alla tonda nel deserto e va a prendere un caffè o un gelato a Po’ Bandino, a Cetona o a Città della Pieve.
Se a Chiusi città gli abitanti sono ormai pochi, a Chiusi Scalo di gente ce n’è ancora parecchia, più di 5.000 persone. Il problema è che non esce più di casa. O se esce va altrove. A Chiusi Scalo si esce solo se c’è la fiera, o Sbottegando o i Ruzzi della Conca… Per il resto è il deserto dei tartari. E i soliti rari e irriducibili passeggiatori si guardano intorno, come a scrutare se ci sia qualche cecchino appostato dietro le persiane socchiuse… Chiusi Scalo è l’unico paese, anche dei dintorni, in cui i baristi, nel loro bar, fanno anche gli avventori. Il più delle volte, anche quando la temperatura sfiora i 30 gradi alle 23,00, trovi solo loro seduti al tavolo a parlare con uno degli irriducibili di cui sopra che si è concesso una sosta…
Un tempo, neanche troppo lontano, non era così. Adesso è una tristezza. Qualche sera (come ieri sera) sono spenti anche i lampioni. Piazza Dante completamente al buio. Ma nessuno se ne accorge. Perché nessuno passa per Piazza Dante. Nemmeno il sexybar del Cavallino Bianco richiama più le folle di una volta… Solo habitué ormai…
Ecco dove ha fallito la politica chiusina, dove hanno fallito le ultime amministrazioni, dove hanno fallito le associazioni, la cosiddetta società civile… Nel non esser riusciti a tirar fuori la gente di casa. Perché se stai chiuso in casa, saprai tutto di Masterchef o di The Voice, saprai veleggiare su facebook e twitter, ma perdi il gusto di conversare, di ragionate con gli altri, perdi il piacere del contatto umano. Perdo il senso della comunità. E della partecipazione. Ed è chiaro che senza partecipazione vera, anche i termini libertà e democrazia si svuotano. E non c’è bisogno di citare Giorgio Gaber per ricordarselo…
Anche i giovani amministratori attuali, più presenti dei loro predecessori nei momenti clou (che siano i Ruzzi, il Tria Turris, i concerti della Banda o le partite del Chiusi o della Emma Villas…), in questo difettano. E anche loro si vedono poco in giro. Soprattutto non sembrano preoccuparsi del fatto che stiano amministrando un deserto. Un dormitorio.
Chiusi somiglia sempre più alle mining town americane, quelle cittadine nate e cresciute intorno ad una miniera, piene d luci, di saloon, banche e bordelli finché la miniera tirava, poi sempre più “closed”, abbandonate, deserte quando la miniera non tirava più…
Nei dintorni non è dappertutto così: non è così a Città della Pieve, a Montepulciano, a Sarteano, a Cetona, a Castiglione del Lago… Segno che altri si sono attrezzati, hanno dato risposte alla crisi, Chiusi no.
Chiusi da cittadina più vivace, più dinamica e avanzata dal punto di vista commerciale e dei servizi, è rimasta un dormitorio, superata in “vitalità” anche da frazioni come Po’ Bandino, Moiano o Acquaviva…
Qualcuno dirà che questo fine settimana arriva il festival rock e vedrai che folla! Che ad agosto ci sarà Orizzonti e il centro storico si animerà… Speriamo. Ma basta un week end ogni tanto, una settimana all’anno? A Chiusi c’è probabilmente chi pensa che la gente deve uscire di casa solo per fare acquisti, e infatti le rare botte di vita ruotano tutte intorno a iniziative commerciali… Ma anche i commercianti devono lavorare tutto l’anno, tutti i giorni, non una volta ogni tanto… Alla fine infatti i conti non tornano e i cartelli “affittasi” “Vendesi” sulla saracinesche si sprecano…
E ci sarà anche chi dirà che va bene così, almeno si sta tranquilli, perché il chiasso disturba, la musica a tutto volume pure. I motorini non se ne parli… Ci sarà chi dirà che Chiusi punta sul turismo, ma un turismo d’elite; chi dirà che Chiusi Scalo non è luogo adatto a frescheggiare. Chi dirà che, non avendo Via Veneto, non è un problema andare la sera a Città della Pieve o a Cetona… Viene da chiedersi se ci vadano mai a Città ella Pieve, a Castiglione del Lago o a Montepulciano i giovani amministratori, i giovani segretari di partito, i commercianti e gli operatori culturali. Magari si renderebbero conto della differenza… di clima (ma non solo in senso metereologico). E anche , diciamocelo, di come si fa…
Perché la città ridotta a dormitorio incupito e silenzioso, buio e desolato come la peggiore delle periferie è una vera e propria “emergenza democratica”. La prima che avrebbe dovuto affrontare Scaramelli, che invece ha cominciato e ha proseguito coi marciapiedi (utili certamente, necessari, ma solo se c’è gente che ci cammina sopra). La prima che dovrà affrontare, a questo punto, chi verrà dopo Scaramelli.
Anche l’opposizione su questo terreno non si è fatta sentire più di tanto. Anzi, diciamo pure quasi per niente. Sarà che il problema riguarda più che altro lo Scalo e i 4 consiglieri sono tutti e 4 del centro storico… Sarà che hanno puntato su altre priorità. Fatto sta che così non può continuare, se non si vuole che qualche buontempone cambi pure il cartello stradale da Chiusi a… Chiuso.
Di cose per provare a invertire la tendenza se ne possono inventare tante, basta solo guardarsi intorno. Ma ci vuole la volontà di farlo. Una volontà che finora non c’è stata. Forse perché un popolo che si estranea e al massimo scrive su facebook o tifa per la squadra che vola, fa più comodo di un popolo che dice la sua e magari rompe pure i coglioni…
chiusi, l'ars rock fest, Museo nazionale Archeologico, Orizzonti, Stefano Scaramelli
Il nome chiusi dice tutto..i chiusini sono veramente chiusi come persone…e anche campanilisti…e scusate la parola maldicenti…chiusi ha quello che merita..
Le citta dine cresciute con mentalita’ da commercio sono in crisi nera.
Fa eccezione ad esempio e per ora Citta’ della Pieve,che e’ cresciuta con il volontariato e le pro loco.
Quando anche questa vorra’ abbandonare queste nicchie,fara’ la fine di Chiusi o Chianciano.
La fortuna di Città della Pieve si deve non tanto ai due fattori(volontariato e pro loco) bensì ad intelligenti amministrazioni precedenti che hanno saputo investire in cultura, riqualificazione delle strutture urbane ed a veicolare il nome di Città della Pieve in diverse direzioni.Sono intervenuti dei fattori esterni quali le fiction ad anche altro, ma 15 anni prima che succedesse questo città della Pieve era lo specchio della regressione e della chiusura su se stessa, con una economia che gravitava molto sulla campagna.Per chiudere, una delle poche animazioni che esistevano erano una venticinquina-trentina di ometti avvinazzati che facevano il giro delle bettole sia d’estate che d’inverno.Adesso, è l’esatto contrario ed il decollo non ha tardato a manifestarsi. ma non tanto perchè è stato l’effetto della Pro Loco o del volontariato, quanto alla intelligenza ed alle sinergie che una amministrazione più aperta ha messo in campo. Spesso più che le regole valgono le persone e se nei luoghi vi sono persone che sanno guardare oltre gli steccati si verificano spesso tali cambiamenti in meglio, attirando villeggianti, benessere, ma nello stesso tempo facendo lievitare inevitabilmente i prezzi delle aree urbane ed extra urbane.Chiusi negli ultimi 40 anni è degradata proprio per quel mancato senso di adeguamento alla realtà che cambiava ed una grandissima parte di cittadini sono rimasti legati al concetto di commercio come dice l’articolo precedente,mentre nello stesso tempo si è verificato che il mercato del mattone inteso erroneamente ed ancora perseguito come l’unico motore capace di attrarre sviluppo sia stato pienato da attività che non hanno segnato un livello alto od almeno accettabile di fruizione per il pubblico, ma si è pensato di impinguare le casse comunali di ricchezza richiesta a coloro che volevano insediarsi con le loro aziende sul territorio. Costi questi, che dovevano essere supportati dalle aziende che chiaramente si sono spostate nella zona di Pobandino.dove avrebbero trovato altre condizioni e non solo questo.Il commercio non crea nulla di per se, perchè non porta quella ricchezza, il commercio trasforma le merci e ne cambia la proprietà.Fine della storia.Tranne pochi esercizi gli altri rimangono asfittici e servono per una popolazione che si restringe e che si riversa in giovani, pensionati ed anziani.Il commercio in definitiva, per ben che vada, arricchisce coloro che ne sono i titolari e l’indotto che stimola è talmente esiguo che sarebbe bene anche non tenerne conto perchè si riversa solo in ”sussistenza” per chi ci lavora.Ricordiamoci di Città della Pieve com’era negli anni ’60, gli anni del grande boom, quando Chiusi era un fermento di attività.La crisi poi ha fatto il resto ed anche a Città della Pieve adesso si fa sentire.La continua presenza di iniziative culturali è veicolata sì anche dalla Pro Loco ma dentro a Città della Pieve e nell’anima dei suoi abitanti è rimasta quasi intatta la struttura di una comunità, di relazioni sociali, di non dispersione valoriale, come invece a Chiusi si è verificato l’esatto contrario.Il risultato è quello che vediamo.Ricordiamoci che da metà degli anni 50 in poi a Città della Pieve, culturalmente l’influenza ed il potere della Chiesa Cattolica era immenso, sia per le strutture che amministrava, sia nella cultura delle persone, ed i segni di questo sono rimasti nella popolazione e si ritrovano in positivo e negativo anche nelle manifestazioni e nelle tipologie degli aggregamenti estivi e non, ma anche nel modus pensandi della gente.Dopo due secoli nei quali sono venute dissolvendosi le differenze nette fra lo Stato della Chiesa ed il Regno di Toscana soprattutto nell’amministrazione della terra e della sua economia, il carattere delle genti e l’educazione a pensare ed a mettersi in maniera critica di fronte a quanto il mondo intorno poneva e pone ancor oggi, secondo me esistono sempre alcuni rimasugli che vengono da lontano e che si notano, soprattutto nel carattere delle genti.E forse è anche questo che in tempi di restringimento della ricchezza che circola si fa apprezzare quasi a determinare un isola felice,per certe caratteristiche che vengono mantenute e rivitalizzate, ma per altre, se le guardiamo sotto altri punti di vista, esiste solo una veicolazione di forze e di imbrigliamento delle coscenze e polarizzazione di interessi su fatti e posizioni che sono figlie del passato e che servono a scaricare tensioni e relazioni costruite artificialmente.Ma se prendiamo le manifestazioni dei terzieri e l’antagonismo che producono e le poniamo in una scala culturale di apprezzamento che non risenta del localismo, tali manifestazioni obbiettivamente trovo che non contengano nulla ne di progressivo nè di culturale.Le strade che si privilegiano oggi sono quelle dell’aggregazione davanti un piatto di lumache o di pici ma non ritengo che oltre al genuino piacere della”gola”servano a diffondere cultura e conoscenza.Chiusi non ha nemmeno queste o se le ha sono così asfittiche che servono solo a far uscire fuori di casa i suoi abitanti, poichè pochi se ne vedono dai paesi vicini.Ma non è una questione della quantità e qualità di ciò che il paese contenga, è una questione di teste pensanti. A Città della Pieve, evidentemente aiutate anche da stimoli esterni, le teste pensanti hanno avuto e continuano ad avere successo perchè sanno interpretare bene la reatà multiforme che hanno di fronte.Di Chiusi su questo ed andando a vedere l’inerzia istituzionale che a sua volta è una consumatrice di non poche risorse economiche nel settore della cultura per un paese com’è, è bene non parlarne.
Ecco, nei due ultimi fine settimana Chiusi città ha vissuto due eventi importanti: il LARS ROCK FEST (spostato al Mascagni causa pioggia) e il TRIA TURRIS. Entrambi hanno visto una certa partecipazione di pubblico, il primo anche di un pubblico non chiusino. Ma si può dire che i due eventi abbiano cambiato la situazione descritta nell’articolo? Io direi di no. A Chiusi Scalo infatti non si è sentita nemmeno l’eco del Lars Rock Fest e tantomeno del Tria Turris… Il “paese nuovo” è rimasto immerso come sempre nel suo torpore da periferia derelitta, in un clima irreale da coprifuoco… Il problema è e resta quello di far uscire la gente di casa, anche quando non c’è un evento. Ma bisognerà cominciare a pensare a come far vivere di più anche gli eventi… Così, non funziona, nemmeno quando gli eventi vanno bene e hanno successo…