70 ANNI FA LA LIBERAZIONE DI CHIUSI… E GLI APPUNTI DI UN CRONISTA

giovedì 26th, giugno 2014 / 16:34
70 ANNI FA LA LIBERAZIONE DI CHIUSI…  E GLI APPUNTI DI UN CRONISTA
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di Marco Lorenzoni

CHIUSI – Oggi è il 26 giugno. Esattamente 70 anni fa il 26 giugno del ’44 la città di Chiusi veniva liberata dall’occupazione nazista e dal regime fascista. Dopo una battaglia durissima durata 5 giorni la guarnigione dei paracadutisti tedeschi della Herman Goering fu costretta alla resa e alla fuga…

Poi l’avanzata alleata continuò sulle colline intorno al lago, verso il Trasimeno, con altri sanguinosi combattimenti, fino alla liberazione di Castiglione del Lago avvenuta il 29 giugno.

Da oggi a domenica il Comune di Chiusi celebra la ricorrenza con una serie di iniziative.

Furono giorni epici e tragici quelli del giugno del ’44 a Chiusi.  Ed è giusto e doveroso ricordare quegli avvenimenti. E’ giusto e doveroso ricordare chi cadde sotto i bombardamenti e le cannonate, come le bambine della Gile, rimaste uccise nel bosco della Pellegrina, chi saltò in aria su una mina, chi morì in combattimento corpo a corpo sulle scale del teatro, chi fu fucilato o impiccato ad un lampione, come i Perugini o il giovane Giuseppe Marino; chi scelse di combattere coi partigiani come Ermanno Baldetti o a fianco degli alleati come Mario Morgantini, chi rischiò la vita per portare un dispaccio o dei viveri ai “ribelli”…

Nel mio piccolo, da cronista, ho raccontato spesso episodi di quei giorni, proprio per non perderne la memoria.

Ci ho scritto pure un romanzetto, nel 2009. E’ il racconto di un inseguimento durato una vita intera, dove non si sa chi è chi insegue e chi è inseguito, che parte però, proprio da un episodio particolare avvenuto nei giorni della battaglia di Chiusi… Episodio vero o inventato? Un romanzo è fiction, per definizione, naturalmente. Ma quell’episodio di partenza fu raccontato dal protagonista ad una redattrice di Primapagina… e fu anche pubblicato.  Una strana storia molto verosimile.

Ho scritto anche un altro testo sui giorni della liberazione di Chiusi e del territorio. Un testo utilizzato per il teatro nel 1998 e nel 2004. E’ una raccolta di testimonianze di persone che si trovarono “in mezzo alla strada quando la storia passava di lì”…  Testimonianze sui 9 mesi (questo il titolo) che vanno dall’8 settembre del ’43 al giugno del ’44. E in quei racconti, in cui la guerra emerge come una aberrazione, una tragedia sempre e comunque, c’è stranamente un filo conduttore non cercato, che va in direzione contraria e che al momento della stesura non avevo notato…  Come lo vogliamo chiamare? Umanità? Forse spirito di sopravvivenza…

Il giovane fascista che dovendo trasferire degli ebrei destinanti alla deportazione, decide di liberarli e di disertare e tornare a casa, dai vecchi amici, che ora sono partigiani sul monte Pausillo; il ragazzo che dopo la battaglia di Ponticelli tra tedeschi e inglesi,  trova un soldato tedesco in mezzo al grano e lo consegna ai partigiani. Questi gli danno una pistola e gli dicono di farlo fuori… Il ragazzo non ce la fa e lo lascia andare… “Avrà avuto vent’anni come me…”. Il ferroviere di Panicale che in servizio a Chiusi, con un paio di tronchesi apre il vagone piombato in sosta e libera alcuni prigionieri, per “umanità”, perché “non poteva assistere a quei lamenti” e il soldato tedesco che lo vede e non fa niente per fermarlo. Come i suoi commilitoni che non fermarono il moianese Fosmeo Imbroglini che con un sacco in spalla portava dei fucili ai partigiani… “Ebbero più paura di me…”  Oppure il vescovo di Chiusi che al passaggio di un treno carico di deportati, si fa lanciare dei biglietti con il nome e cognome e poi scrive a tutte le famiglie dicendo “ho visto vostro  figlio, sta bene…” Gesti minimi. Umani. Gesti che però possono apparire pure eroici. Controcorrente, come lo fu imbracciare un fucile e andare in montagna.

Ecco, anche nei giorni del piombo delle macerie, delle bombe,  dei morti sulle strade, proprio mentre l’umanità sembrava inghiottita da un gorgo di violenza senza fine, ci fu spazio per gesti umani.

E’ così che, oggi, a 70 anni dalla Liberazione della mia città, mi piace celebrare la ricorrenza. E non sembri retorica, perché non lo è. Io con quelle persone, coi testimoni che hanno raccontato quegli episodi ci ho parlato di persona. Quei testimoni li ho conosciuti. E nella verità non c’è nulla di retorico. Mai.

 

 

 

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