L’ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI EMANUELE PETRI

domenica 02nd, marzo 2014 / 18:01
L’ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI EMANUELE PETRI
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Il tragico fatto avvenne sul regionale Roma – Firenze. Un poliziotto che partecipò alle indagini si racconta.

Chiusi – Sembra passata una vita. Ma sono “solo” undici anni fa. Oggi,  Domenica 2 marzo,  ricorre, infatti. l’11° anniversario del sacrificio di Emanuele Petri, medaglia d’oro al valore civile. Petri poliziotto della Polfer fu ucciso all’interno del treno regionale 2304 Roma- Firenze, dal brigatista Galesi. Oggi a Tuoro sul Trasimeno c’è stata la commemorazione di Petri. Ricordate? Le nuove Brigate Rosse, Galesi e Desdemona Lioce.

Oggi, per ricordare il tragico fatto, un post su facebook di Gianni Palagonia, ex poliziotto antimafia, che per ovvi motivi si firma sotto falso nome, ma, come recita una frase sul suo profilo “Un nome falso per un poliziotto vero”.

Palagonia, ha partecipato ad importanti operazioni contro la criminalità organizzata.I n prima linea in importanti operazioni antiterrorismo, costretto poi a fuggire dalla sua Sicilia e venire al Nord,  ha scritto “Il Silenzio” e nelle mani di Nessuno”.

Palagonia, stamani, ha scritto: “ Nel corso di un normale controllo di Polizia effettuato tra le fermate di Camucia/Cortona avvenne l’inferno. Galesi dopo aver colpito mortalmente Petri, sparò anche al collega Bruno Fortunato che, pur colpito, riuscì a sua volta a fare fuoco in direzione del terrorista colpendolo a sua volta. Galesi morì lo stesso giorno all’ospedale di Arezzo. Giovanni Di Fronzo , il terzo collega che formava la pattuglia di poliziotti della Polfer, si salvò solo per caso in quanto la terrorista Nadia Desdemona Lioce ( che nel frattempo si era impadronita della pistola che il poliziotto aveva gettato sotto un sedile del treno) pur continuando ad armare l’arma (scarrellando) con l’intento di ucciderlo, non riuscì nella sua impresa, semplicemente perché non ebbe il sangue freddo o la capacità di togliere la sicura alla Beretta 92, alla quale il poliziotto aveva inserito la sicura prima di gettarla a terra. Ma quella tragedia non finì quel giorno. Va detto che, purtroppo, il collega Bruno Fortunato non si riprese mai completamente da quella vicenda e si suicidò nel 2010. Prima di Petri e Fortunato, la furia omicida/paranoica dei due terroristi, aveva colpito a morte altre due persone: Massimo D’Antona e Marco Biagi, rispettivamente uccisi nel 1999 e 2002. Mi chiedo quanta gente avrebbero ancora ammazzato ancora se non si fossero imbattuti in quel controllo di Polizia” scrive Palagonia.

L’Italia ripiombò nell’incubo del terrorismo rosso. Persone della porta accanto e dello stesso posto di lavoro, sospettate di essere nuovi brigatisti.

“A seguito dell’omicidio del Prof. Biagi – continua Palagonia – fu appositamente costituito a Bologna il noto gruppo di lavoro “Marco Biagi”, di cui facevo parte. Le indagini erano complesse. Non era assolutamente facile né probabile, anche per ottimi poliziotti, arrivare all’arresto di quelli che erano stati definiti “veri e propri fantasmi”. Ciò nonostante, molte cose cominciavano a capirsi, individuate e scoperte. Ma la vera svolta investigativa arrivò, di fatto, a seguito dell’analisi del materiale rinvenuto sul treno, contenuto all’interno della borsa della Lioce ( due palmari, floppy disk e documentazione). Pur di difficile comprensione ed interpretazione, quel materiale ci permise successivamente di catturare tutti (forse) gli altri appartenenti dell’organizzazione terroristica denominate Nuove Brigate Rosse. Nel corso delle indagini che poi ci portarono allo smantellamento delle BR, nel nostro Ufficio avevamo attaccato su un armadietto la foto della Lioce stampata su un foglio formato A3. La sua presenza serviva a ricordare in ogni istante qual’era il nostro obiettivo, qualora (assolutamente impossibile) anche per un solo istante potessimo cedere alla routine investigativa o a qualsivoglia abbassamento della tensione. Tosti, vigili e cazzuti dovevamo essere “sempre”. Dovevamo rendere onore e pace ai morti. Quella faccia era un monito, un incentivo, un incazzatura perenne che ci doveva ricordare un obiettivo che non potevamo e non dovevamo mancare. Ovvero: prenderli tutti.
A me tutto ciò non bastava, dovevo metterci del mio su quella foto. Ed allora ecco che nelle pause pranzo (spesso si mangiava in ufficio qualche panino per non interrompere il lavoro) tra un morso ed un altro al mio panino o pezzetto di pizza, mi passavo il tempo a colpire con una pistola ad aria compressa la foto della Lioce. La differenza tra lei e me era sottile ma … sostanziale. Mentre lei sparava proiettili veri ed ammazzava la gente io sparavo gommini di plastica su un pezzo di carta.
Mi sono chiesto molte volte se pubblicare questa foto che tenevo conservata dal lontano 2004. Ho sempre pensato che non fosse il caso. Oggi ho sentito la voglia di farlo ed ho volute raccontarvi questa storia. Se qualcuno non è d’accordo con questa mia scelta … pazienza. Non tutti si può condividere sempre le stesse cose. E se a qualcuno non piace questo mio modo di pensare e di agire, può benissimo cancellarmi dai suoi contatti. Questo sono io nel bene e nel male” conclude Palagonia postando appunto la suddetta foto della Lioce.

David Busato

 

 

 

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