SANITA’ TOSCANA. MUGNAI: “MANCA IL PROGETTO DELLA SANITA’ DEL FUTURO”

mercoledì 09th, ottobre 2013 / 14:52
SANITA’ TOSCANA. MUGNAI: “MANCA IL PROGETTO DELLA SANITA’ DEL FUTURO”
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In un’intervista, il Consigliere regionale del PDL analizza la situazione della sanità toscana

SIENA – Tre anni e mezzo di legislatura sono già abbastanza per stilare un bilancio? Siamo quasi al rush finale,  e sul tavolo istituzionale ci sono ancora svariati temi. La sanità, che occupa i tre quarti del bilancio regionale, è un tema cardine. Abbiamo visto, in passato, tematiche non ancora risolte come il Piano sanitario, la riforma delle centrali operative del 118 e molto altro. Come sta la sanità toscana? Abbiamo fatto qualche domanda al Consigliere regionale del PDL, Stefano Mugnai:

 

1)    La sanità in Toscana. Un’analisi generale

Partiamo da un dato di fatto: la Toscana che per troppi anni si è trastullata davanti allo specchio per rimirare tutto il bello e il buono della propria sanità, oggi per scelta ministeriale è fuori dalla rosa delle cinque Regioni tra cui verranno scelte le tre ‘benchmark’ per costi e servizi del sistema sanitario, quelle i cui standard saranno modello per tutti i sistemi regionali. Che sia un caso? Noi non lo crediamo, ed errori drammatici come quello avvenuto con la trasfusione sbagliata a Grosseto – quarto caso in poco più di due anni secondo un macabro record – stanno lì a dimostrare che questa situazione è il segno del cedimento strutturale cui la sanità toscana sta andando incontro a causa dei suoi nodi non sciolti. Manca il progetto della sanità del futuro mentre permane una pletora di questioni irrisolte che spaziano dal ruolo del volontariato al futuro delle Società della Salute, dalla necessità di ripianare i bilanci delle Aziende sanitarie (la voragine da 420 milioni di euro a Massa non poteva non lasciare il segno e non produrre riverberi) a un continuo susseguirsi di ticket implementati o rimodulati, riorganizzazioni annunciate che magari neppure partono ma intanto stressano il sistema, governance affetta da gigantiasi conclamata ma mai ritoccata malgrado le promesse e via brancolando nel buio. Risultato? Caos complessivo e sofferenza diffusa tra gli operatori, in un quadro che si riflette sugli standard prestazionali dei singoli, oltre che dell’intero comparto. A farne le spese sono i toscani. Tutti. E questo non è più evidente solo a un’opposizione sporca, brutta e cattiva ma anche – oltre che al ministero della salute – anche a quanti componenti della maggioranza, occupandosi di sanità, hanno maturato la consapevolezza che il sistema si va precipitosamente indebolendo. E’ tempo di marciare gambe in spalla. A tutti i livelli, prima che la valanga travolga i toscani trascinando a picco i parametri di assistenza e cura cui eravamo tutti abituati fino a poco tempo fa. Per la giunta le proposte sul piatto ci sono, spesso – come nel caso della riduzione di Asl e Estav – avanzate anche in maniera bipartisan quando non unanime.

2) La questione della chiusura dei piccoli ospedali

Il mese scorso l’assessore regionale al diritto alla salute Luigi Marroni è stato impegnato in una vera e propria tournée in tutte le Asl toscane per cercare di spegnere gli incendi sviluppatisi nei territori – tra comunità dei cittadini ed enti locali – all’indomani della notizia dell’accordo siglato tra la stessa giunta regionale e i medici ospedalieri. In quell’accordo si procede a classificazione puntuale dei 41 ospedali toscani, stabilendo che quelli che contano meno di 100 posti letto divengano una sorta di poliambulatori. Vi si legge espressamente che l’ospedale con meno di 100 posti letto dovrà costituire “un punto di riferimento sul territorio […] con una ampia offerta di ambulatori specialistici in rete”. Si mette persino in discussione la presenza fisica di un pronto soccorso poiché si parla unicamente di “funzione di pronto soccorso”. Quell’accordo, firmato dalla giunta regionale e reso pubblico anche per nostra iniziativa, ha costretto l’assessore sulla difensiva. Addirittura, oggi Marroni si vede costretto a rispolverare la proposta che noi stessi avanzammo poco più di un anno fa, in occasione di un consiglio straordinario sulla sanità del giugno 2012, attraverso una mozione in 11 punti che, nello stabilire le strategie cardine di un possibile modello di riorganizzazione del sistema sanitario toscano, prevedeva di assegnare a ciascuno dei piccoli ospedali una vocazione specifica. Ovviamente Marroni ben si guarda dal riconoscere che l’idea delle alte specializzazioni fosse in realtà una nostra idea, anche perché noi perseguivamo questa via perché rappresentasse il gancio attraverso cui mantenere integre nei piccoli ospedali tutte quelle funzioni di primo livello che rendono possibile chiamare ‘ospedale’ una struttura sanitaria. Perché alla fine è di questo che si parla: non basta certo la targhetta sulla porta di uno stabile, affinché questo si trasformi in ospedale. Del resto, sia con questo accordo che con tutte le altre iniziative Marroni persegue l’obiettivo di tagliare la bellezza di 1.800 posti letto ospedalieri in tutto. Abbiamo verificato: ogni posto letto costa 600 euro al giorno. Raggiungere quell’obiettivo porterebbe un minor costo di circa 400 milioni l’anno. Eccolo, il vero traguardo che la giunta si pone e che intende raggiungere solo tagliando servizi, senza accettare neppure di discutere del taglio della burocrazia e di un apparato che si fonda su 21 organismi sanitari (12 Asl, 3 Estav, 3 Aziende ospedaliero-universitarie, il Meyer, la Fondazione Monasterio e l’Ispo). Certo, gli apparati magari generano costi e inefficienze, ma si rivelano straordinariamente efficaci per costruire e consolidare consenso, spesso in maniera clientelare. Oggi l’idea di inserire le Case della Salute in alcuni piccoli ospedali della Toscana sta suscitando motivati timori da parte di molti enti locali e comunità cittadine. In effetti, sembra un modo studiato a tavolino per riempire un ospedale di nuovo contenuto dopo averlo svuotato dei servizi sanitari essenziali. Io  penso che la Casa della Salute possa e debba essere una parte della risposta alla necessaria sfida di potenziare i servizi sul territorio, ma non può essere l’unica.

 

3) La questione delle centrali del 118

 

Eh… parrebbe si fosse in corso d’opera… in realtà la giunta regionale si era impegnata definire la questione entro il 31 gennaio scorso. Invece siamo qui, con una commissione che si è insediata all’inizio di ottobre e che in due mesi promette di varare una decisione. Il punto, a mio avviso, è che oggi un passaggio repentino da 12 centrali a una unica sarebbe pericoloso. Molto meglio procedere all’istituzione di una centrale per ciascuna delle tre aree vaste. Da collocare dove? Beh, su questo spero si deciderà sulla base dei dati e non in virtù di logiche politiche.

 

4) veniamo ad altri temi… la legislatura fino a questo punto. Un’analisi generale

Guardi, la condotta che la giunta regionale ha tenuto in material sanitaria ben esemplifica quella più generale: in tre anni e mezzo di legislatura, a parte la modifica assai discussa della legge sull’urbanistica e un osteggiatissima bozza di piano di gestione dei rifiuti non si è riusciti a produrre altro. I documenti sono arrivati alle Commissioni col contagocce, fatto di cui tutti quanti ci siamo a più riprese lamentati, e ciò ha avuto riflessi sull’andamento delle sedute di Consiglio regionale. L’esempio di quanto accade con la sanità, che assorbe i tre quarti del bilancio regionale, è paradigmatico: allo scorcio finale della legislatura, ancora non siamo riusciti a produrre l’atto principe, ovvero il Piano sociosanitario integrato. Un primo tentativo di bozza era stato realizzato sotto l’ex assessore alla salute Daniela Scaramuccia, ma alla fine era poi rimasto spiaggiato nei cassetti della giunta perché superato dai fatti. Da allora più nulla, tanto che la stessa maggioranza – in Commissione sanità e non solo – aveva ormai suggerito di rinunciarvi a favore di un lavoro su alcuni punti caratterizzanti: rete ospedaliera e ruolo e funzione dei piccoli ospedali; distinzione di funzioni tra aziende ospedaliere che debbono dedicarsi all’alta specialistica e Asl al fine e di evitare doppioni inutili e costosi; potenziare la rete di medicina territoriale; riorganizzare il 118 e potenziare il sistema di emergenza-urgenza; superare le società della salute mantenendo l’integrazione tra sanità e sociale valorizzando il ruolo dei Comuni; nonché contrarre significativamente gli organismi di governance ovvero l’apparato. Invece no: proprio pochi giorni fa ne è spuntata fuori una bozza di oltre 400 pagine. Come si pensa di farla approvare? Sulla prima, vecchia stesura la Commissione sanità aveva effettuato 34 incontri di confronto senza esaurire il proprio lavoro. Ora i tempi per un confronto serio non ci sono, e sarebbe un peccato vararlo in fretta e furia solo per poter affermare poi in campagna elettorale di averlo fatto. E’ l’atto principale di tutto un quinquennio, uno strumento di programmazione che andrebbe fatto a inizio legislatura, non alla fine lasciandolo come eredità-capestro a chi verrà dopo di noi.

 

David Busato

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