ALITALIA-POSTE: NOT IN MY NAME!

lunedì 14th, ottobre 2013 / 15:16
ALITALIA-POSTE: NOT IN MY NAME!
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Il movimento “Fermare io declino” raccoglie firme contro l’ennesimo sperpero di denaro pubblico: “Sperperati 75 milioni di euro”

SIENA – La domanda è se la difesa dell’italianità ad ogni costo, valga tutto questo sforzo, per usare un eufemismo, di denaro pubblico. La vicenda Alitalia continua a riservare notizie che riportano la mente a qualche anno fa, 2008 per la precisione, quando, il vettore nazionale fu salvato a furor di popolo con tanto di applauso finale della Politica, per la raggiunta salvaguardia dell’italianità nonostante l’assalto di Air France. Ora l’ingresso di Poste Italiane, è l’ennesima dimostrazione di uno Stato, che come per la vicenda Telecom-Telefonica, continua ad agire anche in nome anche dell’italianità. Ma nel vale la pena davvero? Il movimento “FARE, Fermare il declino”, ha lanciato, intanto, una petizione contro il duo Alitalia-Poste: ” Se non vuoi che l’ennesimo sperpero di denaro pubblico – recita il comunicato firmato da Marco Saltalamacchia della Direzione Nazionale –   ad opera della casta responsabile del declino italiano sia compiuto anche a tuo nome, firma qui: Alitalia – Poste Italiane: not in my name! L’ingresso di Poste Italiane in Alitalia rappresenta una inaccettabile e ingiustificata ingerenza dello Stato nella gestione di un’azienda privata che solo al mercato avrebbe dovuto rispondere della propria mala amministrazione, inefficienza, e carenza di competitività. Il secondo salvataggio di Alitalia costerà oggi ai contribuenti italiani almeno 75 milioni di euro, che si aggiungono ai 5 miliardi regalati nel 2008 per salvare la compagnia di bandiera. Ancora una volta gli italiani pagheranno per gli sprechi e le scelte di una gestione mai rispondente alle logiche del mercato, ma sempre e solo a interessi particolari: da quelli dei partiti che si  sono succeduti alla guida del Paese e che hanno continuato a foraggiare la compagnia di bandiera stante il suo crescente indebitamento e in assenza di qualsiasi piano di rilancio dell’azienda, a quelli dei sindacati sempre ostili a qualsivoglia piano di ristrutturazione della compagnia. Far fallire Alitalia o venderla ai francesi non avrebbe certo impedito agli italiani di continuare a viaggiare. Ancor più certo, stanti i costi del doppio salvataggio Alitalia, è che lo avrebbe consentito a un prezzo ben inferiore per le tasche dei contribuenti. FARE non si presta a questo ennesimo e vergognoso sperpero di denaro pubblico e dice Alitalia – Poste Italiane: not in my name!“.

Anche Scelta Civica, attraverso il deputato Benedetto della Vedova, ha affermato: ” La vicenda Alitalia è la cronaca di un fallimento annunciato, innescato da un demagogico e astratto patriottismo economico che ha portato nel 2008 il Governo Berlusconi alla scelta di scaricare sul contribuente la ristrutturazione dell’azienda spingendo azionisti riluttanti, ancorché italiani, a rilevare un’Alitalia ripulita ma senza prospettive industriali. Oggi accade semplicemente quello che era previsto accadesse. Se non si ha il coraggio di lasciare nemmeno l’Alitalia privata al suo destino di mercato, è bene guardarsi però da ulteriori soluzioni pasticciate, come appare il coinvolgimento di Poste (la cui marginale esperienza nel settore con il vettore Mistral, tra l’altro, non sembra certo essere stata brillante). Se il Governo decide di farsi ulteriormente carico di Alitalia deve spiegare perché intenda farlo, cioè per quale interesse dei contribuenti, e farlo in assoluta chiarezza di strumenti, obiettivi e tempi”.

David Busato

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