CHIUSI NON E’ UN PAESE PER GIOVANI. NONOSTANTE I RUZZI

RIFLESSIONE SULLA FESTA PAESANA E SULL’ATTEGGIAMENTO DELLE NUOVE GENERAZIONI. CON UN APPELLO: RAGAZZI, SVEGLIA!!
CHIUSI – Con la processione solenne di ieri sera, la prima da una quindicina d’anni a questa parte senza il vescovo Cetoloni, con il sindaco e diversi assessori in prima fila (il Gonfalone era meglio se lo lasciavano in Comune, perché confondere e coinvolgere un’istituzione laica in una manifestazione religiosa? A nessuno è venuta in mente la strofa finale di Bocca di Rosa di De André? ) si è chiusa l’edizione numero 32 dei Ruzzi della Conca. E quando finiscono i Ruzzi a Chiusi Scalo, vuol dire anche che è finita l’estate.
Il bilancio della festa è positivo, dicono tutti: i contradaioli, i commercianti di Sbottegando, il Comune…
In effetti per due settimane Chiusi Scalo, che di solito, per il resto dell’anno (salvo qualche fiera, una notte rosa e il festival rock) è un mortorio che sembra la fortezza del deserto dei tartari, in attesa, vana, che arrivi qualcuno da Po’ Bandino o da Cetona, si è animata, riempita di gente e di musica (alcuna buona, altra meno), di odori e sapori, dei colori della bandiere, del rullo dei tamburi…
Tanti i giovani e giovanissimi impegnati a dare una mano negli stand, ma anche tanti i giovani in giro per il paese. Una sorta di riconquista dello spazio vitale da parte degli under 35… Studenti delle medie, delle Superiori, dell’Università, ragazzi già lavoratori, qualcuno con prole in carrozzina, calciatori, pallavolisti, motociclisti, tutti insieme appassionatamente. Tutti insieme indipendentemente dall’estrazione sociale, dal paese d’origine e anche dall’appartenenza politica (elemento questo sempre più labile nelle giovani generazioni). Bello, vederli così: impegnati, motivati, sudati e felici. Qualcuno ha esagerato con la birra e con gli spintoni? Capita in tutte le feste. Chiusi on può fare eccezione. L’importante è che nessuno si sia fatto male, sul serio… Il resto è folklore. Ora già c’è chi riflette su cosa migliorare per il prossimo anno. ma le due settimane di fuoco dei Ruzzi non traggano in inganno. Chiusi non è un paese per giovani. Se non per queste due settimane, appunto. Per altri 35o giorni la gioventù locale scompare alla vista, si eclissa. Qualcuno dei venti-trentenni lo trovi in campo nella Polisportiva, nella neonata Asd Città di Chiusi, nelle squadre di Volley maschili e femminili, nelle scuole di danza… Qualcun altro puoi scorgerlo in qualche gruppo rock. Ma il grosso se ne sta in disparte.
Ma perché i giovani stanno fuori, non partecipano, non si incazzano? Forse perché non ne sentono ancora il bisogno, la necessità impellente. Perché ancora sopravvivono decentemente con quello che passa la famiglia. Poi perché gli spazi a loro disposizione (spazi, non ghetti) sono pochi o nulli. Infine perché la politica, tutta (la maggioranza e le opposizioni), i giovani li cerca solo in campagna elettorale, poi se ne dimentica. Anche quelli che si erano avvicinati alla Primavera, prima si son fatti un’associazione in proprio, poi si sono dileguati. Anche perché, però, nessuno li ha più cercati, coinvolti, stimolati a dire la loro. E se loro, i giovani, hanno una visione un po’ scolastica delle cose, è anche perché nessuno li ha stanati, tirati fuori dal bosco, costretti a confrontarsi con altri metodi, altre idee, altri approcci…
Non è una questione di “confronto generazionale”, c’è anche quella, sì, ma il nodo è la mancanza di occasioni di confronto. E’ l’abitudine, diventata dilagante, di accettare sempre il male minore (anche Renzi, alla fine, se scompagina un po’ i giochi va bene), o di prendere per buono il contentino che il potente di turno può elargire per accaparrarsi il consenso, anche temporaneo. Oggi anche i potenti di turno progettano “a breve”, non guardano al lungo periodo. Tutto nella logica dell’usa e getta. De quello che serve oggi, domani sarà già un ferrovecchio.
I giovani cresciuti a pane e I-Pad, che senza non si muovono di casa, come possono appassionarsi alla vita sociale, culturale e politica di una comunità, se la vita sociale, culturale e politica di quella comunità è prossima allo zero? Si dirà che dovrebbero-potrebbero essere loro a fare proposte, a dettare l’agenda. E se pensi a Camila Vallejo, la ragazzina leader degli indignados, candidata alle presidenziali in Cile per i comunisti (sì, per i comunisti, da qualche parte ci sono ancora) verrebbe da dire che potrebbero e dovrebbero davvero…
Forza ragazzi, fuori le palle (quelle lì, in quel senso lì, anche le donne le hanno). Fatevi sentire. Se non altro per non sentire più vecchi nostalgici e incanutiti come il sottoscritto che vi fanno la morale… Fatevi sentire su come organizzare le feste paesane e i festival rock, ma anche sugli scandali (come quello del centro merci, dello stadio e del depuratore), sull’uso degli spazi e dei contenitori pubblici, sulla politica culturale, sulla promozione turistica, sulla politica che non funziona… Fatelo, senza preoccuparvi di sentire per forza “tutte le campane”, senza la preoccupazione di essere sempre equidistanti… Fatelo, perché questo paese ora non è un paese per giovani, ma vi appartiene comunque. Fatevi sentire dovunque sia possibile, alzate la voce se gli altri non ascoltano a fanno finta di non sentire… Non fermatevi alle apparenze o alle etichette. Anche se apparenze o etichette possono apparire suggestive accattivanti. Anche gridare Forza Renzi non è come gridare Forza viola! Ci ha provato Berlusconi a far passare l’idea che fosse la stessa cosa. Per 20 anni ci è riuscito…
Marco Lorenzoni
C’è chi ritiene che non solo Chiusi ma l’italia tutta “Non è un paese per giovani”.Una tesi interessante espressa in un libro omonimo da Elisabetta Ambrosi e Alessandro Rosina.che analizza le responsabilità di due generazioni, quella di ieri e quella di oggi: “Da sempre sono i giovani la parte più dinamica di una società: sono loro a travolgere le barriere della tradizione, a proporre inedite letture della realtà. Eppure in Italia, per le nuove generazioni, questo non vale. Scopertesi improvvisamente “rapinate” del proprio futuro, non accennano a reagire. Il conflitto generazionale è disattivato. Manca la spinta al rinnovamento e la società rimane rigida, poco reattiva davanti alle grandi sfide.”
Cara Elda, come può essere l’Italia un paese per giovani dove, tanto per fare un esempio, le carriere nella PA si fanno per anzianità e non per merito ? Oppure quando ti senti dire, dal datore di lavoro, “devi fare la gavetta” ? Dove è la valorizzazione delle competenze, la meritocrazia, la predisposizione all’innovazione ? Siamo un paese per vecchi, e forse neanche più questo. Da qualche anno ho difficoltà -ed ho 35 anni- a capire per quale categoria di persone è fatta l’Italia. Forse solo per i furbi e delinquenti, che vivono alle spalle degli onesti che ancora resistono nella speranza di un futuro migliore.
Michele, io non ho espresso alcun giudizio. Ho solo proposto la lettura di un libro(etto) che porta avanti questa teoria e ne spiega le cause. Naturalmente, secondo il punto di vista degli autori. Però, in tutta onestà, io di gettare la spugna non me la sento. Forse perchè di anni ne ho 47 e sento la responsabilità di mostrare ai giovani, tra cui la mia giovane figlia, l’altra faccia. Quella onesta e pulita con le sue immense risorse. comabtto molto la diffusa tendenza all’inerzia, alla rassegnazione, alla critica tout court, all’interpretazione nera sempre e comunque. Se mi permetti, la trovo una tendenza pericolosa che sfocia, il più delle volte, nel vittimismo, nell’autocommiserazione e, peggio ancora, nella certezza dell’ impotenza. Le conseguenze sono devastanti: perdita di autostima, di capacità critica e quindi reattiva. Qualità e forze di cui oggi, proprio come ieri, c’è un assoluto bisogno.