LAGO DI CHIUSI, TRA MICROPLASTICHE E ACQUA FRESCA DA MONTEDOGLIO: PROBLEMI E SOLUZIONI

giovedì 06th, settembre 2018 / 20:14
LAGO DI CHIUSI, TRA MICROPLASTICHE E ACQUA FRESCA DA MONTEDOGLIO: PROBLEMI E SOLUZIONI
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CHIUSI –  La notizia era comparsa sulla rivista “Internazionale” e primapagina l’aveva rilanciata nel mese di marzo scorso: il Lago di Chiusi tra i più inquinati al mondo da microplastiche. Una di quelle notizie che fanno sobbalzare dalla sedia. La fonte era autorevole: Nature Geoscience, una rivista prestigiosa che fa capo alla ACS, ovvero alla American Chemical Society; il cui direttore è David L. Sedlak, docente dell’Università di Berkeley in California. La sede è nella Sixteenth Street NW a Washington D.C. La rilevazione nel lago di Chiusi  era stata fatta nel 2016 da alcuni ricercatori dell’Università di Amburgo. Nell’occasione  scrivemmo che il Comune di Chiusi  avrebbe dovuto “chiedere spiegazioni più dettagliate a “Internazionale” e soprattutto a “Nature Geoscience”, ma, per tranquillizzare i cittadini potrebbe anche procedere ad una serie di verifiche e controlli relativi proprio alla microplastica”.

Poi, dai commenti successivi all’articolo, risultò che il Lago di Chiusi non era tra i laghi più inquinati al mondo da microplastiche, ma che i laghi di Chiusi e Bolsena erano (sono) gli unici casi italiani studiati ad oggi: non si può quindi dire come si classifichino rispetto ad altri laghi o fiumi italiani, si può solo dire che, rispetto agli unici 27 siti misurati al mondo, ad oggi i due bacini figurano al 5° e 6° posto. Praticamente appaiati con 10.000 particelle per mq.

Qualche giorno fa, dopo 5 mesi,  la notizia è stata ripresa ancora una volta dal Tirreno, il quotidiano della costa toscana, con una articolo a firma Cesare Bonifazi, subito ripreso e rilanciato con una certa enfasi dalla consigliera 5 Stelle chiusina Bonella Martinozzi. Solo che Cesare Bonifazi è il nipote di Bonella Martinozzi. Ma è un dettaglio. Iniziative e rimbalzi di famiglia, diciamo.

Il sindaco, che dopo l’articolo di Primapagina disse che avrebbe fatto fare le opportune verifiche, due giorni fa ha risposto pure al Tirreno, con una diretta facebook dal lago di Chiusi, in barca, sotto la pioggia. E ha rassicurato tutti: “le microplastiche ci sono, come in altri laghi, ma dai rilievi fatti da Nuove Acque sul lago, alla stazione di pompaggio dell’acquedotto, nell’acquedotto e alle fontane pubbliche, la contaminazione è risultata pari a zero. Questo perché l’impianto dell’acquedotto pesca ad una certa profondità e non in superficie, dove le microplastiche sono presenti, e perché l’acquedotto ha filtri molto efficienti che eliminano tutte le sostanze inquinanti”.

Sul fatto che le microplastiche si possano eliminare con le reti a maglia stretta dei pescatori o cose del genere, come ha detto Bettollini, si può discutere. E una cosa sono le microplastiche (particelle da 0,1 a 5 millimetri), altra cosa solo le “nanoplastiche” rilevabili solo al microscopio… Ma la cosa importante è che – a quanto afferma Nuove Acque – né le une, né le altre escono dai rubinetti. I dati sono disponibili in Comune.

Detto questo, però nei panni del sindaco, noi quello studio dell’Università di Amburgo ce lo faremmo recapitare. E lo valuteremmo attentamente. Perché la plastica nell’acqua non è uno scherzo e non fa bene alla salute, né dei cittadini, né del lago.

Si sa che le microplastiche e anche le più subdole e invisibili nanoplastiche derivano prevalentemente da alcune pratiche agricole (da cos’altro se no?), come l’uso di teloni per la produzione dei meloni o dei peperoni, delle piante da vivaio… Teloni che quando vengono rimossi, restano in parte sul terreno e finiscono inevitabilmente nell’acqua del lago per dilavamento e per le canalizzazioni.  Quindi la questione pone anche un problema di valutazione della colture che si effettuano intorno al bacio del Chiaro. Il che è un problema antico come lo è l’aratura “dritto-chine” (cioè in senso perpendicolare al lago) e non “lato-chine” cioè in senso orizzontale rispetto al bacino…

A proposito di acqua dei rubinetti Bettollini fornisce anche altri dati: dalla data di prima installazione, le “casine dell’acqua” hanno erogato 2 milioni e 500 mila litri di acqua, pari a 1 milione e 700 mila bottiglie da 1 litro e mezzo, con un risparmio di 51.000 kg di plastica che non è andata in circolo… Ma l’acqua dell’acquedotto di Chiusi, erogata dalle “casine” è sì potabile e anche buona, ma è “dura”, cioè ha un residuo fisso piuttosto alto, alla lunga può creare calcoli. Per questo motivo molti non la usano preferendo ancora la minerale del supermercato.

La soluzione non è proprio dietro l’angolo, ma è in vista. Si chiama acqua di Montedoglio. Il progetto per portare l’acqua della diga di Anghiari da Gioiella – dove è già arrivata – alla stazione di pompaggio dell’acquedotto di Chiusi (sbarchino DLF, al lago) è già finanziato per 2 milioni e 200 mila euro.

Sono almeno una decina d’anni che se ne parla e l’acqua dal Tevere doveva essere già arrivata da un pezzo. Quando fu inaugurato il depuratore delle Torri nel 2010 l’allora “sindaco reggente” Bardini la presentò come cosa praticamente fatta. Sono passati altri 8 anni. Il progetto adesso è pronto, ma potrebbe subire un ulteriore allungamento dei tempi, perché è allo studio la possibilità di far arrivare un tubo più grande che possa garantire una portata maggiore, per utilizzare l’acqua anche per l’irrigazione. Ma serve un altro milione e 600 mila euro, che al momento non c’è. La Regione ne ha messi sul piatto solo 100.000 per la progettazione.

Su questo ci sarebbe anche l’accordo con Nuove Acque e con le associazioni di categoria degli agricoltori, ma Bettollini non ha voglia di andare troppo per le lunghe ed entro un mesetto, se non ci saranno fatti nuovi, chiederà il via all’appalto per far arrivare almeno l’acqua potabile, che migliorerà senza dubbio la qualità di quella che sgorga dai rubinetti e dalle casine dell’acqua.

Il condotto da Gioiella  al lago di Chiusi sarà di circa 8 km, completamente interrato. La conduttura per uso idropotabile garantirà un flusso di 50 lt/secondo, per un totale di 1.500.000 mc annui. Il fabbisogno locale è di 35 lt/secondo, il surplus andrà ad arricchire il lago. La portata per uso irriguo dovrebbe invece essere di 500 lt/secondo, dieci volte tanto. Da qui il costo superiore. Tempi di realizzazione previsti: 15 mesi. Quindi l’obiettivo è avere l’acqua di Montedoglio ai rubinetti tra il 2020  e il 2021.

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