CENTRI ABITATI SENZA AUTO, UNA SCOMMESSA CHE FUNZIONA. CI SONO LE PROVE…

martedì 25th, settembre 2018 / 19:48
CENTRI ABITATI SENZA AUTO, UNA SCOMMESSA CHE FUNZIONA. CI SONO LE PROVE…
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C’è una città in Europa che ha trovato la ricetta della felicità. Non esageriamo. Diciamo la ricetta della ripresa economica e di una maggiore vivibilità. Si chiama Pontevedra, è in Galizia, ne nord della Spagna, Ha 80 mila abitanti. Non una metropoli, una via di mezzo tra Siena e Arezzo, per intenderci. Da una ventina d’anni è quasi completamente “Car-Free”, cioè “libera dalle auto”. Quello di Pontevedra è uno degli esperimenti di pedonalizzazione urbana più vasti d’Europa. La decisione fu presa nel 1999, per far fronte ad una emergenza, quella del soffocamento del centro storico. Ma l’amministrazione locale decise di non chiudere al traffico solo il centro storico, ma anche buona parte delle periferia tutto intorno. Vent anni fa Pontevedra era una città in declino, con il centro storico svuotato e ostaggio di bande criminali e spacciatori, la periferia era invece assediata dalle auto, inquinata, caotica. Gli incidenti stradali erano frequenti. E spesso gravi. La pedonalizzazione, dapprima vista come una “forzatura” da molti residenti e operatori, piano piano ha cominciato a dare dei frutti. Dal 2009 non ci sono stati più morti per incidenti, per esempio. Il piccolo commercio nel centro storico e nella fascia continua è rifiorito. L’inquinamento è diminuito sensibilmente (-70% di Co2), la popolazione è aumentata invece di 12 mila unità.  La gente che prima si spostava in auto bestemmiando per la carenza di posteggi e per le code, adesso si muove a piedi, in bicicletta o coi mezzi pubblici. Come a Zurigo, ma Pontevedra è in Spagna e la Spagna non è la Svizzera. Dell’esperienza di Pontevedra ne hanno parlato in questi giorni alcun giornali italiani, indicandolo come esempio virtuoso.

L’Italia non è proprio a digiuno su questo argomento. Siena, per esempio, fu la prima città capoluogo di provincia a sperimentare la “zona blu” nel centro storico. Era il 1965. Trentaquattro anni prima di Pontevedra. Ma Siena si è fermata all’interno delle mura. Che comunque non è poco. Montepulciano fece un referendum nel 1989. Vinse il sì alla chiusura, anche lì solo del centro storico però, che cominciò ad esser servito dal “Pollicino” un bus pubblico di dimensioni ridotte.  Ci provò anche Chiusi, allo Scalo, chiudendo il centro il sabato pomeriggio. Ma durò solo una stagione, i commercianti mugugnavano e il Comune ci ripensò…

Da allora qualcosa in tal senso è stato fatto a Orvieto e a Castiglione del Lago, solo nei centri storici però. Come a Città della Pieve. Ma sempre con poco coraggio. Zone blu o Ztl molto risicate o attive solo in certi periodi o certi giorni.

Da noi, al di là di qualche lodevole eccezione (vedi Siena e Montepulciano), per il resto poche città hanno avuto la stessa lungimiranza o la determinazione di Pontevedra che ha insistito e addirittura ha progressivamente allargato l’area off limits per le auto. Eppure anche Montepulciano – guarda caso – pur essendo un centro storico abbastanza grande e scomodo dal punto di vista orografico, è oggi la cittadina della zona che registra il trend migliore riguardo al turismo e alla rinascita del commercio e delle attività all’interno delle mura. Segno che la chiusura al traffico non è stata un fattore di debolezza o di disincentivazione, ma al contrario ha favorito la ripresa e il rifiorire della città, che nel 1989 era ugualmente bella, ma certamente più triste, grigia, deserta.

L’esperienza della cittadina spagnola ci dice che la “pedonalizzazione” favorisce la crescita e la vivibilità anche al di fuori della cerchia delle mura antiche, romane, medievali o rinascimentali che siano. Cioè, anche nelle zone commerciali di più recente formazione.

Ecco che, secondo noi,  un esperimento del genere potrebbe essere tentato per esempio a Chiusi Scalo, che si sforza da anni di accreditarsi come “centro  commerciale naturale” in continuità con la propria storia, che è appunto quella di un nodo di trasporti e centro di commerci e servizi. Tra l’altro a Chiusi Scalo, come dicevamo, non sarebbe una novità assoluta. C’è già il precedente di fine anni ’80, che tra l’altro, funzionò benissimo. Via Leonardo da Vinci e le sue traverse (via Pasubio, via Isonzo) diventerebbero di fatto una sorta di piazza, di luogo di incontro, di “struscio” oltre che di shopping,

Se poi l’esperimento fosse accompagnato dalla realizzazione di piste ciclabili urbane come ci sono ormai in tutte le città di pianura, per incentivare l’uso della bici per andare a scuola, a fare la spesa, dal dottore o anche semplicemente per andare da casa al negozio, all’ufficio o al laboratorio, sarebbe un bel segnale nella direzione delle cose “buone, pulite e giuste”, secondo il “credo” di Carlo Petrini e di Slow Food, che il Comune di Chiusi sta assumendo come uno dei cardini della propria azione. Qualunque “credo” politico, per funzionare e diventare pratica concreta deve essere sostanziato con scelte precise in sintonia.

Quindi, dopo la spedizione chiusina al salone del Gusto di Torino e a Terra Madre, forse un pensierino a questo aspetto del vivere quotidiano che è la mobilità interna alla città e la riappropriazione da parte delle persone di spazi oggi occupati dalle auto o “desertificati” potrebbe essere un passo interessante. E coerente coi proclami.

Ci pensino Bettollini, Micheletti & C. E ci pensino anche le opposizioni. I podemos per esempio certe proposte le avevano nel loro programma del 2016.  Ne vogliamo parlare?

m.l.

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