PAZ, TRENT’ANNI SENZA

mercoledì 13th, giugno 2018 / 18:22
PAZ, TRENT’ANNI SENZA
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CHIUSI – Non posso dire che fossi suo amico. Ma lo conoscevo. Non benissimo, a dire il vero. Diciamo di vista, frequentazione casuale, o poco più. Nella primavera dell’88 ci incontravamo spesso in un ristorantino di Montepulciano, dove andavamo a mangiare. Noi della redazione di NC Nuovo Corriere, lui e altra umanità varia che all’epoca girovagava per la città del Poliziano. Artisti del Cantiere, dirigenti di partito, sindacalisti…  Avevamo la stessa età io e Paz.  Nove giorni di differenza. Ero più vecchio io.  Il ristorantino era piccolo e talvolta dovevamo condividere il tavolo. Due, tre volte a settimana, per un paio di mesi la stessa storia. Lo stesso tavolo. Fino a quel maledetto 16 giugno. Non eravamo esattamente amici, ma quel giorno davanti a quella sedia vuota mi ritrovai a piangere come un bambino. Paz non sarebbe più venuto. Paz era morto. All’improvviso. Di overdose nel bagno della sua casa, nella campagna di Montepulciano.

Che fosse un genio lo avevo capito e con me tutti gli altri amici e compagni di quella strana compagnia.  Che fosse “il genio” che era, no, non era ancora ben chiaro. Sapevamo che faceva il fumettista, che era uno bravo. Uno dei migliori.

No… non uno dei migliori. Era il migliore. Un genio maledetto e disperato, come i poeti della “scapigliatura”, come certi pittori alla Modigliani…

Sono passati 30 anni esatti da quel 16 giugno (mancano 3 giorni), ricordo due cose di Paz dal vivo: che gli piaceva la frittata di spinaci e che disegnava sempre, dovunque. Anche sui tovaglioli di carta di quel ristorantino. Sulle tovagliette di cartapaglia…  Chissà quanto varrebbero oggi quei tovaglioli, se qualcuno li avesse conservati. Ma non è questo il punto. Il punto è che Andrea Pazienza se ne è andato senza salutare 30 anni fa. E ci manca tremendamente.

Aveva solo 32 anni, era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones. Probabilmente anche i Clash e il post punk che dal ’77 a quel 1988 aveva cambiato i connotati alla musica giovanile, era diventato la colonna sonora del “movimento” in Inghilterra, ma anche in Italia, dove il confine tra “antagonismo sociale” e lotta armata divenne molto labile… Paz è stato un genio maledetto, dicevo, ma anche un artista vero, un creativo che ha fotografato con il disegno quel particolare momento come nessun altro…  Penthotal, Zanardi, Pompeo… i suoi personaggi, perfidi, amorali, persi, disperati. Paz vale Manara e Hugo Pratt.  Pazienza è l’autore più incisivo, quello da studiare per capire cosa fu il ’77 bolognese, per esempio… 

Fino al 15 luglio al Mattatoio di Roma (ex Macro Testaccio) una mostra antologica di opere originali, che per la prima volta riesce a riunire in un unico luogo le sue eredità artistiche, grazie alla preziosa collaborazione di tutti i suoi familiari, a cura di Stefano Piccoli e Mauro Uzzeo con la supervisione di Marina Comandini Pazienza e Mariella Pazienza, moglie e sorella del disegnatore.

Una bella occasione per ricordarlo, ma anche per far conoscere Paz ai giovani di oggi, quelli cresciuti a pane e manga giapponesi, a quelli che amano Zerocalcare, ma che non sanno cosa fosse Frigidaire o ne hanno un’idea molto vaga…

“Andrea Pazienza, trent’anni senza“, si intitola così la mostra romana. Un salto a vederla ce lo farò di sicuro. Non eravamo propriamente amici, ma quei disegni sui tovaglioli me li ricordo… e se ci penso mi viene ancora da piangere. Glielo devo al vecchio Paz…

Marco Lorenzoni

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