IL CONFINE SOTTILE TRA EDUCAZIONE E PSICHIATRIA, L’ALLARME DI DANIELE NOVARA

mercoledì 07th, marzo 2018 / 11:50
IL CONFINE SOTTILE TRA EDUCAZIONE E PSICHIATRIA, L’ALLARME DI DANIELE NOVARA
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Esiste oggi una vasta gamma di disturbi comportamentali e dell’apprendimento scolastico. La lettura in chiave psicologica non sempre è la risposta adeguata

Disprassia, dislessia, discasculia, mutismo selettivo, iperattività, autismo infantile, sono alcune delle diagnosi suggerite dall’apparato scolastico a genitori preoccupati per i figli che si comportano in modo non conforme ai canoni di crescita e sviluppo definiti “normali”. Disturbi curabili attraverso terapie specifiche che , molto spesso, prevedono l’intervento di uno o più esperti in materia e di piani didattici personalizzati.

Per capirci, il bambino duracell di ieri, quello che i genitori, per non sapere nè leggere nè scrivere, portavano spesso all’aperto perchè sfogasse l’esuberanza fisica, oggi è piuttosto definito dalla psicologia come un bambino iperattivo, dal comportamento particolarmente irrequieto. Un soggetto da terapia,insomma.

In Germania ad esempio, ai bambini cosiddetti iperattivi viene proposto di indossare in classe (non è una costrizione) un giubbotto pieno di sabbia per una trentina di minuti allo scopo di calmarli e incoraggiare la concentrazione , il cui deficit rientra nella definizione di iperattività. Una soluzione discutibile che, infatti, diversi genitori e psichiatri non condividono.

Ma, a parte l’opinabilità dei rimedi proposti dalla pedagogia tedesca, di fronte alla vastità dei “disturbi”, una tizia due domande se le fa: possibile che ogni comportamento diciamo anomalo  nasconda una problematica di carattere psichiatrico? Che ognuno di questi cervelli imberbi sia difettoso? Che l’unica risposta sia una cura medica?

Possibile ma anche no. Daniele Novara, autore del controverso libro “Non è colpa dei bambini”, pone  l’accento proprio sull’aumento di diagnosi di DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento) nelle scuole elementari italiane degli ultimi quindici anni. Un aumento e una velocità superiori alla media internazionale.

Partendo da questo dato, Novara sostiene che la facilità o la frequenza con cui si fanno le diagnosi rischia di confondere una normale difficoltà di apprendimento (o comportamentale) con un disturbo specifico. In altre parole, spostando il problema sul bambino, accantonando quindi il contesto sociale e il modello educativo in cui il bambino vive, il pedagogista si chiede se non stiamo sostituendo l’educazione con la psichiatria. E se, in questi casi, l’approccio psichiatrico non sia più dannoso che “curativo”.

Ad ogni certificazione di DSA corrisponde un PDP (Piano Didattico Personalizzato) che dà allo studente la possibilità di lavorare e essere valutato in maniera diversa dai compagni. Ma il problema è proprio in quella “diversità” che, secondo Novara, si traduce spesso in un’etichetta negativa che va inevitabilmente a intaccare l’autostima e l’autoconsapevolezza dello studente.

Le difficoltà nell’apprendimento non sono una scoperta del 2000 ma è possibile che genitori e insegnanti si stiano affidando un po’ troppo al percorso medico-psichiatrico? La risposta di Novara non lascia dubbi. In un’intervista rilasciata a BlogMAmma afferma: “Invece di riconoscere e affrontare le difficoltà dell’infanzia, assumendo ciascuno le proprie responsabilità educative o didattiche, si preferisce etichettare. È un vero e proprio attentato all’infanzia”.

Daniele Novara, che è anche il direttore della scuola Genitori del CCP (Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti) dice molto altro. Parla delle falle dell’odierno rapporto genitori-figli e della necessità di rieducare i primi a recuperare il sapere sull’infanzia, integrandolo con il nuovo sapere scientifico in materia infantile. E parla anche di come fare a recuperare quel sapere, necessario ed essenziale per aiutare i bambini a diventare adulti. Un percorso in cui si impara  insieme. Genitori e figli.

Si sa, i figli non arrivano con il manuale per crescerli alla perfezione. Oddio, di manuali ce ne sono a bizzeffe ma qual è quello giusto per educare proprio il nostro di figlio? L’unica certezza che abbiamo, quando diventiamo genitori, è che come fai sbagli.

Vero è che rispetto a cinquanta anni fa, la società è cambiata. I ritmi sono accelerati, le giornate sono un rocambolesco incastro di incombenze; lottiamo a perdere contro tempo,  bollette, tasse, mutui, rincari, crisi, paura di perdere il lavoro, e la pazienza.

Forse è proprio per limitare quel margine di errore o per placare il senso di frustrazione di fronte all’incapacità di individuare le ragioni delle difficoltà dei nostri figli che una diagnosi con relativa terapia ci appare come una luce nel buio dell’impotenza: “Ah, ecco cosa era!”

Attenzione però, allerta Novara, che quella luce potrebbe essere un palliativo. A furia di correre abbiamo perso la memoria di come eravamo noi da piccoli e da adolescenti. Abbiamo cioè smarrito quella capacità di proiettarci indietro nel tempo che, una volta ripristinata, ci darebbe maggiori strumenti di comprensione e di individuazione delle possibile cause di un disagio. È il recupero del sapere di cui parla il pedagogista.

Ma nessuno è profeta in patria e la posizione di Novara è stata duramente contestata da alcune associazioni del settore. Tuttavia, il tarlo è stato insinuato e il punto interrogativo resta: stiamo veramente sostituendo l’educazione con la psichiatria?

Elda Cannarsa

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