C’ERANO UNA VOLTA LE REGIONI ROSSE. IL PD FRANA ANCHE NELLE ROCCAFORTI DELLA VALDICHIANA E DEL TRASIMENO. E ADESSO A SINISTRA CHE SUCCEDE?

C’ERANO UNA VOLTA LE REGIONI ROSSE. IL PD FRANA ANCHE NELLE ROCCAFORTI DELLA VALDICHIANA E DEL TRASIMENO. E ADESSO A SINISTRA CHE SUCCEDE?
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Tutte le storie finiscono. Anche le più appassionanti. E i miti si infrangono. Cadono i muri. Luchino Visconti ci ha insegnato che cadono anche gli dei. Il 4 marzo 2018 sarà ricordato per la fine delle regioni rosse. Per lo stop al “mito” di Matteuccio da Rignano che 5 anni fa sembrava l’incarnazione della figura dello statista di tipo nuovo e invece si è rivelato poco più (o poco meno) di un capitano di ventura che ha conquistato un castello scalandone le mura con la complicità o per l’ignavia dei signorotti che lo abitavano prima e poi in men che non si dica a furia di purghe e rottamazioni ha dato fuoco alle cantine e alle fondamenta e così il castello è crollato. Per i barbari vecchi e nuovi è stato un gioco da ragazzi impossessarsene e “asfaltare” le pianure…

Il 4 marzo sarà ricordato anche per la caduta ingloriosa di personaggi quasi mitologici che di quel castello erano stati signori e padroni, guardiani feroci e ‘locatori’ quando si è trattato di cambiare le insegne e poi si sono trasferiti, mugugnando, nel fortino più vicino… ma poco robusto.  Infatti è crollato anche quello. Parliamo di D’Alema Grasso, Civati…

Dicevamo della fine delle regioni rosse. In Toscana, quella che ha retto meglio l’urto, il centro sinistra è al 33,6% e il centro destra al 32,8. Neanche un punto di differenza. Cose mai viste anche se qualche segnale a dire in vero c’era stato.  Non solo la destra, ma anche i 5 Stelle ormai sono lì: 24,6%. Il Pd e il centro sinistra (che è ormai solo il Pd) sono minoranza. Liberi & Uguali non va oltre il 4,5%. Poco per quella che era una regione rossa. Tra Comunisti, Potere al Popolo e liste varie di sinistra nessuna ha raggiunto il fatidico 3%… Come se la storia fosse stata cancellata di colpo.

In Umbria è andata anche peggio: il Centro sinistra è la “terza forza” non più la prima, con il 27,51%. Il Centro Destra ha quasi 10 punti in più: 36,78, i 5 Stelle il 27,52: pari e patta.  Il Pd è secondo partito dietro ai 5 Stelle. Una disfatta rovinosa insomma per le forze che governano la Regione.

“Dice che era un bell’uomo e veniva, veniva dal mare”… così il 4 marzo di Lucio Dalla.  Il 4 marzo 2018 invece è arrivato un ragazzone milanese che ama portare le felpe, è sceso dalla Padania con le ruspe e ha spianato tutto, conquistando terre inusitate , urlando parole d’ordine grevi e agitando il Vangelo… come Savonarola nel ‘400. Anzi, come una clava. Che è il contrario del vangelo.

Roba da oscurantisti che nella laica Toscana o nella mistica umbria non aveva (giustamente) cittadinanza fino a poco tempo fa e che ora invece è totalmente sdoganata e alla fine “maggioritaria” nel sentire comune. Via gli immigrati, legittima difesa armi in pugno, autarchia economica, questi i temi che hanno fatto presa sulla gente. E non è detto che se anche la gente li sente e li assume come propri, sia quello il giusto approccio. Avere la maggioranza non significa avere ragione.

Ma il vento “ruspista” è stato univoco, da nord a sud, da est a ovest, isole comprese. E l’avanzata della Lega di Salvini che ha conquistato la leadership del centro destra e quella dei 5 Stelle sono speculari. Che non vuol dire identiche nelle forme e nei contenuti. Ma frutto di un identico sentimento, della identica rabbia generica contro la politica tradizionale e in particolare contro la sinistra, imbelle e imballata nelle sue logiche fratricide e di pura gestione degli spazi di potere.

Nei comuni è andata nello stesso modo, ovunque. Senza eccezioni. Anche nel nostro territorio, ex zona rossa per eccellenza.

Qui, in Valdichiana o nel Trasimeno, il centro sinistra regge più che altrove, ma smotta rovinosamente lo stesso. A Montepulciano il Pd è al 32%, il centro sinistra al 35%; il centro destra è ormai vicino: 31,3% ; i 5 Stelle al 23,3%. A Chianciano, dove governa una giunta civica sostenuta dal centro destra, Pd e alleati sono ancora avanti (34,85), ma di poco (30,31) mentre i 5 Stelle si attestano sul 25,6%.

Chiusi, roccaforte renziana, si conferma anche il baluardo più robusto: Centro sinistra a quota 2.012 voti, pari al 41,25% e Pd a 1.794, pari al 37,77. Praticamente per la coalizione 20 punti in più della media nazionale e 8 più della media regionale. Uno dei risultati migliori in Toscana. Ma rispetto alle politiche 2013 è comunque un tracollo: -722 voti e circa 10 punti percentuali. Rispetto alle Comunali 2016 il “salasso” è di 804 voti e 23 punti su cento. Peggio, questa volta, anche delle Regionali 2015, quando con Scaramelli candidato, ottenne 2.450 voti. Se in un “fortino inespugnabile” come Chiusi il partito di maggioranza pur mantenendo la leadership, finisce in minoranza, vuol dire che il terremoto è stato forte e ha lasciato macerie che non sarà facile rimuovere, per poi ripartire… Si è avuto anche a Chiusi un recupero del Centro destra, praticamente scomparso nelle ultime tornate elettorali: 1.264 voti pari al 37,7% con la Lega al 13,77. Il Movimento 5 Stelle torna ai livelli del 2013 con 1.112 voti pari al 23,53, raddoppiando i consensi delle comunali. Sui 350 voti (7,5%) complessivamente le forze della sinistra a sinistra del Pd. Un flop su tutti i fronti. Neanche la presenza in loco di una lista come Possiamo ha “aiutato” Liberi & Uguali, Pc e Potere al Popolo. Per i podemos non è buon segno.

Quasi testa a testa a Castiglione del Lago: 3.238 voti (36,9%) per il centro sinistra , con il Pd al 34,7% e 2.817 voti al centro Destra (32,1), con la lega al 16,26% e i 5 Stelle al 22,7 con 1.989 voti.

A Città ella Pieve Centro sinistra ancora in testa con 1.672 voti e il 36,7%, ma il centro destra incalza con 1.320 voti pari al 29,0%. I 5 Stelle non sono lontani: 1.109 voti, 24,9%. Le elezioni comunali del 2019 si profilano più “aperte” e incerte di quanto si potesse pensare solo qualche mese fa. E questo vale anche per gli altri comuni che rinnoveranno sindaci e consigli comunali nella stessa tornata.

Questo insomma il trend. Che però, è bene ribadirlo, è nazionale e non legato a dinamiche locali. L’avanzata della Lega e dei 5 Stelle a macchia d’olio su tutta la penisola conferma come il voto sia stato soprattutto un voto “mediatico”, di opinione e di pancia. Non legato a programmi, candidati o presenza attiva nei territori. Nel sud senese e nel Trasimeno per esempio la Lega non ha alcuna presenza organizzata, non ha sedi o dirigenti riconoscibili e lo stesso, ormai da anni, si può dire per Forza Italia. Eppure il risultato c’è. Idem per i 5 Stelle che alle politiche raddoppiano i consensi rispetto alle comunali, segno tangibile che pesano più Grillo o Di Maio che non i meetup sparsi nel territorio.

Quanto al Pd e al resto della sinistra, sia quella alleata del Pd sia quella che ha preso le distanze dal partito di Renzi, chiaro che il voto del 4 marzo sia più di un campanello di allarme. E’ una campana a morto… Dopo una emorragia del genere, forse qualche segretario farebbe bene a presentarsi dimissionario anche a livello locale. E anche i leader riconosciuti come ad esempio Stefano Scaramelli qualche riflessione la dovrebbero fare al di là del riconoscimento della vittoria degli avversari. I sindaci stessi hanno di fronte – chi per un anno (molti sono in scadenza nel 2019) chi per un periodo più lungo (vedi Bettollini) – una stagione non facile. Governare con alle spalle un partito dimezzato e in disfacimento può rappresentare un handycap e un problema serio. Rischiano tutti di ritrovarsi a fare l’uomo solo al comando, senza una squadra che possa stoppare gli avversari e proteggere la fuga, portare le borracce e aiutare nei momenti di bisogno…

Se salta Renzi e il Pd chiude l’era del renzismo, cosa che nel partito molti già chiedono, anche per gli amministratori locali si pone la necessità di aggiornare l’agenda. Di cercare e stabilire nuovi orizzonti, nuovi equilibri. Di riaffermare certi valori e certi “paletti” e smarcarsi insomma da un’etichetta che ha funzionato per un certo periodo, ma adesso mostra un data di scadenza già passata…  Il Pd pensato da Veltroni 10 anni fa, ovvero il progetto di una forza a vocazione maggioritaria, che unisse post comunisti, post democristiani e aree riformiste di centro sinistra è naufragato, impietosamente. Nulla, d’ora in avanti, sarà più come prima. Servirà senso critico e capacità di autocritica… guardando oltre il proprio vecchio orticello, perché quello si è quasi seccato…

Ma è naufragata anche l’idea di un’alternativa a Renzi e al renzismo basata sugli stessi personaggi che hanno lasciato il Pd in mano a Renzi e hanno cominciato per primi a demolire la sinistra molto prima di Renzi, facendo e avallando politiche di destra sul lavoro, sulla scuola, sulla sanità, sulle privatizzazioni, sui servizi pubblici ecc. fin dai tempi dei governi Prodi, D’Alema, Amato… I vari Bersan, D’Alema & C. hanno pagato salato tutto questo. Come era prevedibile.  La sinistra ha cominciato a perdere e a perdersi quando ha cominciato a inseguire prima il centro, poi la destra sul suo stesso terreno in nome di una presunta modernità. Il sogno renziano effimero e fallimentare ha completato l’opera. Game Over.

Magra consolazione il fatto che sia successo lo stesso a Hollande in Francia, alla Spd in Germania, ai socialdemocratici svedesi e olandesi… In Gran Bretagna il Labour dopo Blair era ridotto nelle condizioni del Pd di adesso, poi è spuntato il compagno Corbyn che ha ricominciato a dire cose di sinistra (che lui però diceva da sempre) e il Labour ha ripreso fiato e consensi anche laddove li aveva persi. Cioè, ha fatto l’operazione inversa.

In Italia, nel Pd e alla sinistra del Pd, un Jeremy Corbyn non si vede. Neanche all’orizzonte. Ma basterebbe forse che qualcuno ne riprendesse le parole d’ordine e lo stile. E ricominciasse da lì. Anche nei territori, non solo a Roma. E forse la prima cosa da fare, “dal basso” – come dice Bettollini nel suo commento al voto – potrebbe essere quella di riflettere sugli errori, certo, ma anche di ricominciare a parlarsi. Di provare a riannodare qualche filo, di ritrovare “un senso a questa storia”… Un senso di comunità, di appartenenza ad una parte, ad un pensiero.

Perché alle elezioni del 4 marzo hanno vinto forze di rottura, agguerrite, determinate, ma senza un pensiero lungo. Senza una storia comune e solida alle spalle. Più simili a Masaniello che a Danton e Robespierre. A Garibaldi più che a Mazzini… E Renzi per molti aspetti non è stato diverso.

Per essere sinceri, i governi Renzi e Gentiloni qualche punto sul piano dei diritti civili e delle tutele sociali (le unioni civili, legge sul caporalato, per esempio) lo hanno messo a segno. Atti importanti, ma poca cosa rispetto al disastro complessivo della dilapidazione di un patrimonio collettivo, della distruzione di un senso comune, di una storia: c’erano una volta le regioni rosse…

Marco Lorenzoni

 

 

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