PROGETTO ACEA, ACQUISITI TERRENO E DEPURATORE. ORA SI ATTENDE IL PROGETTO VERO. IL NO DI ALTRI COMUNI A IMPIANTI SIMILI: MA LA MOTIVAZIONE REGGE?

martedì 06th, febbraio 2018 / 11:22
PROGETTO ACEA, ACQUISITI TERRENO E DEPURATORE. ORA SI ATTENDE IL PROGETTO VERO. IL NO DI ALTRI COMUNI A IMPIANTI SIMILI: MA LA MOTIVAZIONE REGGE?
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CHIUSI – Si continua a parlare – più sui social e sulla stampa, per la verità, che non tra la gente e questo non è buon segno – del progetto Acea. Adesso però non siamo più nella situazione di partenza. Un punto fermo c’è. Anzi due: la società Acea Ambiente l’area dell’ex centro carni l’ha formalmente acquisita. Ed ha rilevato anche il depuratore di Bioecologia Srl, che già opera in loco. Adesso può presentare il progetto industriale, che – secondo quanto affermato più volte dal sindaco e secondo il mandato del Consiglio Comunale  – sarà valutato attentamente in tutte le sedi competenti, per verificare non solo il rispetto dei “paletti” fissati dal Prg e dal bando per la cessione del terreno, ma anche l’assenza di rischi per la salute e per l’ambiente.

Ma la vendita dell’area da parte del Comune è vista dalle opposizioni come una mossa avventata che mette la città e la cittadinanza di fronte ad un fatto compiuto, dal quale non sarà facile tornare indietro qualora si rilevassero delle criticità… I Podemos, per esempio, accusano sindaco e giunta di “fuggire sistematicamente dal dibattito vero”. “Parlano attraverso le veline dei comunicati stampa e il dialogo a senso unico nei social; si nascondono nei ”tranquilli e sonnacchiosi” circoli di pensionati e associazioni amiche” dicono Luca Scaramelli e la sua truppa di Bettollini, Micheletti e compagnia.

Secondo Possiamo siamo di fronte “ad un ipotetico investimento privato, per il quale non si conosce neanche il progetto. Si promettono forse 15 posti di lavoro per occupare l’unica area dove è possibile prevedere una nuova espansione urbanistica per attività economiche, un’area certamente da riqualificare e togliere dal degrado, ma non per farci venire una società che tratta rifiuti e fanghi da trasformare in un prodotto che, non solo non ha mercato, ma essendo un carbone fossile, dovrebbe essere nei prossimi anni bandito perché causa di inquinamento. Si tratta di un progetto che, per altro, nessun paese sembra volere, a causa delle ripercussioni potenzialmente nocive per la salute e per l’ambiente: un mega impianto che rischia di abbassare il valore commerciale delle aziende presenti e di tutta l’area artigianale. I milioni di investimenti prospettati sembrano il classico specchietto per le allodole”.

Quindi i Podemos sembrano indirizzati verso una posizione molto critica non solo sulla procedura seguita dall’Amministrazione (“parlarne ora, a cose fatte e non prima della vendita, come hanno fatto altri comuni, è una presa per il c…o”), ma anche sul progetto stesso.

E a questo proposito Paolo Scattoni, che non c’entra niente coi Podemos (essendo notoriamente iscritto al Pd), ma è animatore del comitato per la raccolta di dati e informazioni, riporta sul suo blog il parere  di Rossano Ercolini, fondatore e leader dei Rifiuti Zero, impegnato da anni contro gli inceneritori e vincitore, fra l’altro, nel 2013 del Goldman Environmental Prize, il cosiddetto Nobel per l’ambiente, che ha partecipato al tavolo tecnico messo in piedi dal Comune di Capannori. Che – come è stato più volte fatto presente – ha rifiutato un progetto simile a quello proposto da Acea a Chiusi.

Si legge su Chiusiblog: “Il presidente Ercolini conferma di aver seguito il progetto del carbonizzatore proposto proprio per Capannori (e Piombino). Quel progetto è stato sottoposto da parte di Ercolini e dei suoi collaboratori ad un esame molto attento e approfondito. Il risultato è stato quello del ritiro del progetto già in fase di Valutazione di Impatto Ambientale-VIA. Infatti quel progetto presentava criticità gravi difficilmente superabili. Mi ha anche detto che la società Engelia, detentrice del brevetto, è andata in giro per l’Italia a tentare di “piazzare il prodotto” senza successo. Il processo non ha solide referenze industriali, vorrebbe sottrarre spazio al compostaggio e di fatto bruciare le matrici carboniesi che verrebbero classificate CSS (Combustibile Solido Secondario). A Capannori, dopo un iniziale confronto non “pregiudiziale” l’opinione pubblica a fronte di un’assenza credibile di “industrializzazione” del progetto ha sempre più dato spazio ai rilievi critici portando poi ad una bocciatura dello stesso. Addirittura si è svolto un tavolo tecnico sullo stesso ma i risultati raggiunti non hanno incoraggiato la prosecuzione concreta dell’impianto proposto. Si è rimasti nel dire che “la tecnologia in oggetto pur meritoria di approfondimenti non trova ancora i presupposti per una sua industrializzazione impiantistica”. 

Queste sarebbero insomma le ragioni del No del comune di Capannori. Però, nel maggio 2016, lo stesso Ercolini chiamato a dare un parere per un impianto proposto proprio dalla società che gestisce quello di Valencia in Spagna (unico in Europa) al comune di Copertino, nel Salento, aveva rassicurato il sindaco Sandrina Schito sul fatto che “l’impianto di biocarbonizzazione non avrebbe un impatto pericoloso per le emissioni di gas in atmosfera”. Questa rassicurazione fu resa nota dal sindaco di Copertino in una intervista televisiva alla tv Telerama News (video).

Magari nel frattempo Ercolini avrà affinato le sue opinioni. E comunque da quanto si legge nella sua dichiarazione sembra che il diniego del Comune di Capannori sia motivato da una prevalenza, lì a Capannori, di posizioni critiche nella popolazione rispetto alle posizioni favorevoli. Non esattamente una motivazione tecnico-scientifica inequivocabile. Il Comune, non vedendo nel progetto un chiaro ed evidente sviluppo industriale, sembra aver deciso per il No, per ragioni di consenso e per non trovarsi la gente in piazza.

Ma forse Capannori (e così gli altri comuni che non hanno dato l’ok) non ne aveva neanche necessità. Forse non aveva neanche un’area industriale messa in vendita per riportarla in produzione e da bonificare, con un depuratore già attivo e alquanto problematico.

Una cosa è certa, se il dibattito si fossilizzerà sugli aspetti meramente tecnici e sui “pareri di parte” ci sarà sempre uno scienziato pronto a ipotizzare  problemi e situazioni di rischio, ma anche un altro che dirà il contrario. Come è successo, senza andare troppo lontano, a Città della Pieve per la centrale a biomasse di San Donnino.

m.l.

 

 

 

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