Il Venerdì di Repubblica dedica 3 pagine alla band inglese che sabato 8 luglio sarà sul palco del Lars Rock Fest. Ma Chiusi come vive l’evento?

venerdì 30th, giugno 2017 / 17:09
Il Venerdì di Repubblica dedica 3 pagine alla band inglese che sabato 8 luglio sarà sul palco del Lars Rock Fest. Ma Chiusi come vive l’evento?
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VETRINE ROCK E ATTEGGIAMENTI DA PAESE POCO NORMALE…

CHIUSI –  Questa sera e domani sera, tempo permettendo, Chiusi Scalo farà le ore piccole. E’ tempo di Notti Rosa Shopping, iniziativa promossa dall’associazione Chiusinvetrina (con l’appoggio delle associazion di categoria) per animare la cittadina e lanciare i saldi che comiciano appunto il 1 luglio… Negozi aperti, musica in strada e nei bar, mega scivolo acquatico, stand gastronomici. Poi, giusto qualche giorno per rifiatare e il prossimo week end sarà di nuovo “grande vento” con il Lars Rock Fest ai giardini pubblici, sempre allo Scalo. Tre giori questa volta e non più due soltanto. Sul Venerdì di Repubblica di oggi, un servizio di 3 pagine parla delle miniere diventate museo nel Galles, dell’epopea dei minatori gallesi, e di una rock band londinese che ne ha preso a cuore la storia e la racconta nel nuovo disco “Every Valley” che uscirà il prossimo 9 luglio. La Band si chiama Public Service Broadcasting e, guarda caso, la sera prima, sabato 8 luglio, sarà proprio sul palco del Lars a Chiusi Scalo. Bello spot il servizio del Venerdì, che cita anche il festival chiusino tra le date italiane dei P.S.B.

E, se il magazine di Repubblica dedica 3 pagine a quella band, alle sue canzoni, all’ambiente che quelle canzoni raccontano, vuol dire che la cosa è interessante. Che merita. Che non è una cosetta di nicchia per pochi e sparuti appassionati. Parlando delle miniere -museo e dei PSB l’autrice delll’articolo Alba Solaro cita atmosfere “tra Jane Austen e Ken Looach”. E già questo a nostro avviso sarebbe sufficiente per non mancare al concerto di sabato al Lars Rock Fest. Per la cronaca, i Public Service Broadcasting hanno suonato anche al concertone del 1 Maggio a Roma. E su quel palco non ci si sale per caso…

Ma saranno interessanti – più o meno per lo stesso motivo – anche la serata precedente con i Gang of Four (la Banda dei Quattro) e quella succesiva con gli Austra, che arrivano dal Canada… Rock, elettronica e temi sociali e politici. Con contorno di altre belle e innovative realtà del panorama musicale italiano e non solo.

In tutta Chiusi Scalo che ci sia rock nell’aria si avverte dalle vetrine dei negozi. Sulla scia dell’esperienza del 2016, anche quest’anno bar, negozi di abbigliamento, di fotoottica, di alimentari, di erboristeria, ma anche parrucchieri, ristoranti ecc. hanno allestito la vetrina (in qualche caso le vetrine) con richiami al mondo del rock, con foto dei miti degli anni ’70 (da Jimi Hendrix a Janis Joplin, dai Beatles a David Bowie e Michael Jackson…) con chitarre e altri strumenti musicali, vecchi vinili, amplificatori e musicassette, libri, riviste… Ovviamente insieme alla locandina del festival. Un modo per creare l’atmofera, per “fare rete”, per alimentare l’attenzione del pubblico.

Perché è così che si fa. Nei paesi normali, almeno. Quando c’è un evento pubblico di rilievo (come lo è un festival, che si tratti di rock o di musica classica o teatro, sia che piaccia oppure no…), tutta la città dovrebbe sentirsi comunque coinvolta, e tutta la cittadinanza partecipe, interessata… Quantomeno alla riuscita dell’evento stesso, anche se il genere non è quello più amato.

Si possono esprimere critiche e rilievi sia al “cartellone” che all’organizzazione, ci mancherebbe. Anzi, anche quelle contribuirebbero a creare attesa e atmosfera, come le vetrine a tema… Ma nei giorni immediataente precedenti e durante il festival, quello dovrebbe essere l’argomento principale. Invece a Chiusi è più forte la puzza sotto il naso che non il coinvolgimento. Per esempio: perchè le “vetrine rock” solo a Chiusi Scalo e non anche nel centro storico? Il paese è uno, non due…

A Chiusi, anche gli eventi più rilevanti vengono vissuti intensamente da chi li promuove e organizza, ma con distacco, diffidenza, quasi fastidio dal resto del mondo. E’ vero che Chiusi si chiama Chiusi e non Aperti, ma sentire commercianti che si lamentano per le Notti Rosa Shopping (che sono in fin dei conti iniziativa commerciale) e persone, anche di 40 anni e non di 85, che del festival rock vedono e temono solo il rumore o “l’invasione di drogati” (termine sentito questa mattina in un negozio da una signora elegante e certamente più giovane del leader dei Gang of Four), questo non è da paese normale.

Se la prima preoccupazione dei cittadini è assicurarsi che i vigili urbani, i carabinieri e la polizia facciano rispettare gli orari e facciano spegnere gli amplificatori a mezzanotte, non è una cosa da paese normale…

Sentir dire che ciò che propone il Lars Rock Fest è solo “roba per ragazzi che hanno voglia non di ballare, ma di sballare” (anche questa l’abbiamo sentita in questi giorni allo Scalo), è segnale preoccupante dell’involuzione culturale di una parte delle popolazione. Forse la parte più consistente. E questo, a nostro avviso, dovrebbe essere tema di larga discussione politica. E argomento principe di chi si richiama, anche nella ragione sociale alla sinistra…

C’è da sperare che le tre pagine del Venerdì di Repubblica (che non è una rivista specializzata, né un foglio di controinformazione, ma un magazine di largo consumo allegato al maggior giornale italiano), facciano capire anche agli scettici, ai distratti, agli oppositori a prescindere, soprattutto quelli da tastiera, che non tutto il rock vien per nuocere… E che un festival è meglio averlo che non averlo. Ed è bene – per tutti – che riesca al meglio. Poi, se non sarà all’altezza delle aspettative, se risulterà deludente, se mostrerà pecche o falle organizzative, lo scriveremo…

Una cosa è criticare a ragion veduta, nel merito. Altra cosa è snobbare l’evento, mostrarsi disinterssati o addirittura infastiditi solo all’idea, magari per via del rumore o del fatto che nell’organizzazione c’è di mezzo il Comune o la Fondazione che ne è emanazione. Certo, niente è politicamente asettico o fuori da ogni contesto, ma questi sono aspetti da discutere in sede diversa. Prima (nella fase di programmazione) e dopo l’evento (nella fase di valutazione del risultato). Durante ha poco senso…

Questo vale, adesso, per il Lars, che è il primo appuntamento. Più avanti varrà per Orizzonti e per ogni altra iniziativa.

m.l.

 

 

 

 

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