CHIUSI, LO STOP AL FESTIVAL ORIZZONTI, DEBACLE POLITICA EPOCALE E DANNO D’IMMAGINE PER LA CITTA’. SI POTEVA EVITARE?

martedì 23rd, maggio 2017 / 17:57
CHIUSI, LO STOP AL FESTIVAL ORIZZONTI, DEBACLE POLITICA EPOCALE E DANNO D’IMMAGINE PER LA CITTA’. SI POTEVA EVITARE?
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CHIUSI –  La notizia che il Festival Orizzonti quest’estate non si farà, anticipata da primapagina, non è stata ancora confermata ufficialmente da nessuno. Ma neanche smentita. Anzi a dire il vero sia il sindaco che è anche presidente della Fondazione, sia il direttore artistico Andrea Cigni, sia altri membri della Fondazione e dell’amministrazione interpellati in proposito, in via “privata” la conferma l’hanno data.

La questione è essenzialmente di soldi e non di scelte culturali. Non c’è un euro. O meglio c’è un buco piuttosto profondo nel bilancio della Fondazione, e quindi il festival non si può fare. Nè si può fare una edizione ridotta. Perché il direttore artistico, a così poco tempo dall’apertura del sipario, non ci sta e perché un piano B non è stato concordato e preparato per tempo. A questo punto la toppa potrebbe rivelarsi peggiore del buco.

La sitazione è paradossale. Da ieri a Chiusi si aggirano dei giovani con un badge al collo… Sono una quarantina di “bocconiani” che staranno in città una settimana. Sono venuti, guarda un po’, per un master sul management culturale e dello spettacolo. In sostanza sono venuti a studiare e scandagliare l’esperienza del festival Orizzonti. Tant’è che è a Chiusi anche Andrea Cigni, chiamato a far loro una lezione… Il problema è che all’improvviso si trovano tutti senza la materia del contendere… Il Festival Orizzonti è stato, per il momento, accantonato. Messo in naftalina. In via provvisoria, dice il sindaco-presidente. Ma in Italia non c’è cosa più definitiva delle cose provvisorie. E nel caso di un festival come quello chiusino, fatto a immagine e somiglianza del suo direttore, con una cifra stilistica che è come una firma, sarà arduo ripartire su basi diverse, con altro timoniere. Sarà come ripartire da zero. Ma da uno zero molto più profondo di quanto non lo sia stato passare dalla gestione Rutelli a quella di Cigni…bocconiani

Cosa studieranno i bocconiani? Vireranno su come mettere a frutto il patrimonio archeologico e storico della città? Potrebbe essere un’idea. Di materia di studio ce n’è a sufficienza, volendo. Certo si troveranno un po’ spaesati. Si domanderanno che strana cittadina sia questa Chiusi che li chiama a lavorare su un festival e all’imprvviso, poco prima che arrivino, decide di chiuderlo…

Questo il quadro. E stupisce senza dubbio il silenzio “ufficiale” dell’Amministrazione che in Consiglio Comunale ha preso una decisione, ma senza entrare troppo nei dettagli, rimamendo piuttosto sul vago. Stupisce anche l’atteggiamento delle opposizioni. La cancellazione del festival, cioè dell’inizitiva più eclatante, più reclamizzata, più costosa e di maggior richiamo della città, è indubbiamente e senza ombra di smentita una debacle politica. Un colpo durissimo all’immagine della città e della stessa amministrazione. Non solo della Fondazione che orgaizza l’evento. E’ la fotografia impietosa di un fallimento politico e manca poco anche economico. Del fallimento di un’operazione che avrebbe dovuto portare idee e capitali e invece non ha funzionato, anzi si è rivelata ua specie di Pozzo di San Patrizio. E chiudere un festival dopo che fino a tre mesi fa veniva decantato come uno dei migliori 20 festival italiani, come un “fiore all’occhiello” che tante città ci invidiavano, dopo aver lanciato un bando per l’allestimento della Madama Butterfly e altre iniziative legate al festival, è una mazzata colossale, una sorta di dichiarazione di resa. Di incapacità a gestire un evento del genere.

Ecco di fronte ad una debacle di queste proporzioni, in altri tempi, neanche troppo lontani, le opposizione avrebbero sicuramente alzato il tiro e chiesto le dimissioni del sindaco e della Giunta, non solo il superamento della Fondazione…

Dal punto di vista politico gli estremi ci sarebbero tutti. Perché è stata l’amministrazione Scaramelli a volere la Fondazione e a impostarla come è stata impostata e l’amministrazione attuale, pur correndo ai ripari (prima assumendo la presidenza nella figura del sindaco, poi cercando di fermare l’emorragia con la decisione di qualche giorno fa) non ne ha preso le distanze in maniera chiara e netta. Le opposizioni avrebbero dunque praterie da cavalcare a briglia sciolta e sulle quali ingaggiare la battaglia.

Invece i 5 Stelle si sono limitati ad una nota stampa critica verso la fondazione e il Comune, ma senza spingere la critica fino in fondo, fino a trarne la conseguenze più dirompenti.

I Podemos sono intervenuti alla spicciolata commentando gli articoli di stampa sui social, ma non hanno preso ufficialmente posizione. Ribadiscono le responsabilità delle amministrazioni passata e presente, la continuità politica tra le stesse, ma anche loro non vanno oltre. Per ora, almeno, non lo hanno fatto. Nessuno dei due gruppi di minoranza ha chiesto che qualcuno si faccia da parte.

In altri tempi, dopo una debacle del genere la città sarebbe stata tappezzata di manifesti. Ci sarebbero state assemblee pubbiche e di partito. Non solo 4 commenti personali su facebook. In altri tempi anche la giunta avrebbe certamente spiegato un po’ meglio la propria decisione. Che non è una decisione qualsiasi. E riguarda le attività economiche e ricettive, ma anche la “qualità della vita” dei cittadini, l’ immagine della città e il suo “appeal” verso l’esterno.

Bettollini dal canto suo ha forse capito che si è infilato in un ginepraio. Probabilmente la Fondazione, se potesse, la chiuderebbe subito. Ma non può. Per via del debito. E allora ha scelto la strada più facile. Quella che gli consentirà forse di presentarsi come il “salvatore della baracca”, come colui che ha evitato il default dell’ente culturale, sacrificando il festival. Operando come opera un buon padre di famiglia…

Ma sta rintanato, perché sa che è tra i principali sconfitti di questa vicenda. Sa che più parla, più si espone. E allora evita.

Sa che di fronte ad un attacco concentrico e forte delle opposizioni e della città nelle sue varie articolazioni potrebbe anche vacillare. Ma Bettollini sa anche un’altra cosa. Sa che in città molti (forse i più) non amavano il festival Orizzonti, sa che molti lo consideravano non solo un corpo estraneo, ma una fastidiosa forzatura, una cosa per pochi calata dall’alto, una invasione di gay e lesbiche, un’affronto alla morale cattolica e perbenista. Una spesa esorbitante e inutile. Molti commenti sui social lo dimostrano. C’è da augurarsi che sia davvero solo una questione di soldi. E che non ci siano state invece pressioni indebite per arrivare a questa soluzione.

A Chiusi c’è gente che non aspettava altro, magari per chiedere una “Estate Musicale” o un nuovo festival tarato su esperienze locali. Non le migliori, le più originali o avanzate, ma quelle che fanno più audience, tra genitori, amici, parenti, colleghi, conoscenti e claques di vario genere …  Un’estate de noantri, insomma.  E questo è un pericolo reale per il futuro prossimo. Occorrerà ragionare a fondo e con serenità per trovare una qualche soluzione che non sia un rattoppo alla buona.

Bettollini ha deciso di stoppare Orizzonti per salvare il salvabile, certo, ma anche perché sa che non ci sarà una rivolta per questo… Ha preso in mano il timone della Fondazione per evitare ulteriori scivoloni verso un baratro pericoloso. E per avviarne il superamento appena possibile. I fatti lo stanno dimostrando. Lo stesso Cda della Fondazione, appena rinnovato, sembra rispondere a questa linea. Prudenza, oculatezza, attenzione soprattutto alle realtà culturali  locali, cercando di farle crescere. Come una squadra di calcio che, avendo un budget limitato, decide di ripartire dal vivaio. Sembra quasi un commissariamento. Quantomeno un ritorno coi piedi per terra.

Questa vicenda fa capire come in una città delle dimensioni di Chiusi una Fondazione culturale non serviva e non serve… E che un ente come lo aveva pensato e costruito Scaramelli non aveva e non può avere gambe per poter camminare. Un’illusione. O peggio una trovata propagandistica per allargare il consenso, senza fare i conti con la reltà.

Molti confondono, però, la questione Fondazione/debito, quindi la questione politico-gestionale, sulla quale c’è poco da discutere (è un fallimento e una sconfitta epocale con responsabili precisi, compresi in primis gli amministratori che l’hanno voluta così e non hanno controllato quando era il momento) con la questione Festival. Che è cosa diversa.

Questo giornale, per esempio è sempre stato molto critico con la Fondazione, diciamo pure contrario, pur apprezzando certi sforzi di riequilibrarne il rapporto con la città, con le esperienze artistiche locali, tutti tentativi non andati a buon fine. E anche su questo le responsabilità hanno nomi e cognomi.  E lo stesso Andrea Cigni non è esente da colpe. Ci è sembrato un ripensamento significativo l’assunzione della presidenza da parte del sindaco, perché riporta di fatto l’ente nelle mani del Comune, ridimensionando la privatizzazione e mettendo dei paletti sulla spesa.

Sul festival invece, pur percependo una certa “estraneità” rispetto alla cittadinanza e sperando di poter col tempo colmare questo gap, come Primapagina abbiamo sempre apprezzato la qualità, il coraggio e anche l’eclettismo di Andrea Cigni e della sua creatura…  Così come  avevamo apprezzato anche il festival di Manfredi Rutelli che è durato più di un decennio.

Chiusi un’estate musicale o festival estivo ce l’ha dagli anni ’80, dai tempi del Corso Internazionale di Flauto del maestro Roberto Fabbriciani. Qualche “buco” negli anni ’90, poi dai primi anni 2000  la gestione Rutelli e infine gli Orizzonti targati Cigni con il ritorno dell’opera lirica come momento clou e spettacoli provocatori e d’avanguardia per contorno… Ora emerge che è costato molto. Troppo e che non si può più sostenere. Ma è costato il festival in sé o la gestione che ne è stata fatta? I festival costano e non guadagnano, da nessuna parte. La soluzione sta nel trovare entrate diverse (contributi, sponsorizazioni, iniziative collaterali o diverse che possano far pari… ). Si poteva evitare che il deficit prodotto nel 2014 lievitasse fino a diventare pericoloso? Noi crediamo di sì. E crediamo anche che, pensandoci un po’ prima, qualcosa del festival si poteva salvare, senza dover arrivare alla decisione più drastica.

I tifosi della Fiorentina si chiedono adesso, dopo una stagione fallimentare, se non fosse stato il caso di esonerare l’allenatore dopo la batosta con il Borussia Mg. O dopo la fine del campionato scorso… Ecco viene da chiedersi come mai, se il debito cresceva, è stato rinnovato l’incarico ad Andrea Cigni, nel 2016, dopo l’ultima edizione di Orizzonti? Non era il caso di fermare le bocce in quel momento e ridiscutere il futuro? Le due Conferenze sulla Cultura in questo senso cadevano a fagiolo, ma evitarono di entrare nel merito. Cigni fece solo una toccata e fuga. Fu un’occasione persa. Sprecata.

Adesso, dopo tanti anni, la città e in particolare il centro storico rischiano di ritrovarsi con un’estate in sordina. Senza iniziative di un qualche richiamo per turisti e cittadini dei dintorni. Non è una bella prospettiva.Tutt’altro.

Resta, come abbiamo già scritto, il Lars Rock Fest che annuncia una tre giorni di “fuoco” con una band canadese emergente e due band inglesi belle toste, una addirittura icona del post punk e del movimento anti Tatcher degli anni ’80…  Roba forte. E tutt’altro che di nicchia, come il festival ci aveva abituato nelle edizioni precedenti. Musica robusta e idee di rivolta per nulla dissimulate. Vediamo se qualcuno protesterà con il sindaco per il rumore o perché è musica del diavolo, diseducativa e sovversiva

Detto questo, dopo aver assistito dal 2014 al 2016 a Gianni Schicchi, Cavalleria Rusticana e Traviata e alle contemoranee Pierrot Lunaire e La Voix Humaine, quest’anno l’opera lirica ci mancherà. E ci mancheranno le performance certo poco allineate e coperte di Ricci Forte, Malosti, Latini, Delbono, o di Eva Robbins… Da questo punto di vista gli orizzonti sono abbastanza cupi.  D’altra parte però, Chiusi è bella e ricca di storia, ma ha meno di 9.000 abitanti. Ed ha il destino scritto nel nome. Chiusi, voce del verbo chiudere.

m.l.

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