Le catacombe paleocristiane di Chiusi e il popolo del silenzio in un libro di Gianfranco Barbanera

mercoledì 12th, aprile 2017 / 11:09
Le catacombe paleocristiane di Chiusi e il popolo del silenzio in un libro di Gianfranco Barbanera
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CHIUSI – E’ da pochi giorni in libreria l’ultima fatica letteraria di Gianfranco Barbanera, noto a Chiusi per essere stato a lungo direttore didattico e per altre pubblicazioni di taglio storico, pedagogico e filosofico… Il libro appena uscito per le edizioni della Società Bibliografica Toscana si intitola “Il popolo del silenzio” e propone per metà una storica relazione del 1832 fatta dal canonico Gio Batista Pasquini sull’antico cimitero dei cristiani di Chiusi (le catacombe) e per metà una sua riflessione di oggi sulle catacombe, su quei primi cristiani e su ciò che era Chiusi in epoca romana… Ed è un viaggio appassionato, da studioso, certo, ma anche da cittadino acquisito della città di origne etrusca che forse per la non eccessiva lontananza e soprattutto per la sua posizione e facilità di comuncazione attraverso la via Cassia e la strada trasversale che da Populonia andava a Perugia e quella sorta di autostada fluviale che all’epoca era il Clanis che finiva nel Tevere, si mostrò accogliente e diede ospitalità a quei disperati che avevano abbracciato la nuova fede e che dopo l’incendio dell’Urbe provocato da Nerone per dare la colpa proprio a loro, cercavano riparo…

E proprio partendo da quel fatto storico, l’incendio, avvenuto nell’anno 64 d.C. che – scrive Barbanera – “entra in gioco Chiusi”. E’ da lì che nasce la storia dei martiri, delle catacombe, l’esodo dei senza casa e dei cristiani perseguitati in tutta la penisola… La patrona della città, Mustiola, martire cristiana, arrivò molto tempo tempo dopo…

Al tempo di Nerone Roma contava 1 milione, per alcuni storici 1 milione e mezzo di abitanti La mattina del 19 luglio del 64 era ridotta ad un cumulo di macerie fumanti… I cittadini sono in fuga per le campagne circostanti e oltre… A Chiusi arrivano anche profughi cristiani; non si spiegherebbe diversamente l’esistenza di chiese già prima, appunto, dell’arrivo della giovane Mustiola avvenuto nel 274-275. Questa città nell’immaginario colettivo rappresenta quel potere che in alcuni momenti storici ha fatto inginocchiare l’Urbe: luogo prospero, dove si vive bene, soprattutto lontano dagli intrighi della politica. Una motivazione più che sufficiente per attrarre (non c’è bisogno di molta fantasia) gli esuli romani, pagani e cristiani”.

Quindi è da quel giorno fatidico che a Chiusi comincia a vivere, a ritrovarsi il “popolo del silenzio”: “io l’immagino la mia gete, i primi cristiani chiusini profughi da roma a seguito dell’incendio e delle persecuzioni neroniane e successive vagare come spettri tra i colli boscosi e i vigneti della Cimina e poi sparire nelle fenditure tufacee… Non c’è popolo, ne senso vero della parola, che non inizi dal vicino di casa, dal singolo individuo. Così si è affermato il cristianesimo, facendo breccia nel più potente impero del mondo...”

In sostanza, scrive Barbanera, la loro fragilità, la loro capacità di sopportare le ingiurie, le persecuzioni e anche il supplizio fu la loro forza, la forza che mise in crisi l’Impero Romano, che non aveva mai fatto guerre di religione, ma solo di dominio e si trovò spiazzato di fronte alla ‘nuova superstizione’ che prevedeva un solo Dio misericordioso al posto di una miriade di dei che non si capivano neanche tra loro…

Le Catacombe divennero dunque cimitero, ma anche luogo di incontro, chiesa, comunità. E già nel 322 Chiusi aveva un vescovo, Lucio Petronio Destro, e una diocesi molto vasta che arrivava alle porte di Perugia. Era naturalmente, quella dei primi cristiani una chiesa diversa da quella attuale. In una epigrafe che si trova dentro la catacomba paleocristiana di Santa Mustiola, a Chiusi, c’è scritto “i 5 figli del vescovo posero…”.  A sottolineare che nella chiesa dei primordi e delle origini cristiane i vescovi avevano figli, e dunque anche moglie…Quell’epigrafe fu il pretesto per una appassionata lettera a Papa Woityla per perorare la causa dei preti sposati, lettera che divenne anche un libro: “i 5 figli del vescovo”, Lino Tonti, edizioni Gabrielli, 1999. Ma questo è un altro discorso, che Barbanera non riapre. Ma apre comunque una pagina interessante su un periodo storico e su un “tesoro” della città di Chiusi mai studiati o indagati a sufficienza. Certamente non valorizzati a sufficienza. La Chiusi paleocristiana potrebbe essere, anche in funzione turistica (e per ovvie ragioni) una molla più potente di quella degli enigmatici etruschi.

 

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