LA METAMORFOSI DI UNO ZAR

martedì 04th, ottobre 2016 / 10:36
in Sport, Varie
LA METAMORFOSI DI UNO ZAR
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Sono un calciofilo romantico. Ma non ho mai giocato a calcio, se non qualche partitella tra amici o al torneo dei bar… Come sport giocato ne ho praticato un altro. Sempre con un pallone. Ma leggermente più piccolo e più leggero. Si gioca con le mani e non con i piedi. La differenza rispetto a calcio è che nel calcio se tocchi la palla con la mano è punizione. Nel mio sport se la tocchi con il piede no, e anche la rete, nel calcio più ci mandi il pallone a sbattere e meglio è. Nel mio sport, è meglio se nella rete il pallone non ci va a sbattere. Perché la rete ti gioca contro. Sto parlando del volley. Che gioco da quando avevo 6 anni. E’ uno sport che mi piace perché è spettacolare, e completo, ma anche perché è concettualmente “di sinistra”. Quasi leninista: esaltazione del collettivo, organizzazione e tattica curata nei minimi dettagli. Altruismo. Spirito di gruppo. E rotazione in campo…

Nel volley, a differenza del calcio, il gesto del singolo conta meno, è meno decisivo. Nel calcio una rovesciata spettacolare, una punizione tirata con il contagiri, un colpo di tacco o una deviazione assassina possono risolvere una partita, all’ultimo secondo… Nel volley no. E’ sempre la somma che fa il totale. La palla la devi passare per regolamento… E io, anche come ruolo, ho scelto, fin dall’inizio, quello più altruista: il palleggiatore. Colui che i punti li deve far fare agli altri. L’assist man. Il problema è che se becchi una giornata storta e anche le palle ti vengono storte, per gli altri è difficile raddrizzarle. E metterle a terra nel campo avverso. Un mestieraccio, insomma.

Ma non voglio parlare di me. Questa premessa, questa filippica sul volley mi è venuta spontanea, perché se c’è una cosa che mi rende orgoglioso, nella mia carriera (si fa per dire) di pallavolista di serie C è che ho giocato… con lo Zar.GIALLU IVAN

Anche con altri giocatori che poi una certa carriera l’hanno fatta e adesso sono in A2 o B1, ma il pezzo da novanta è lui. Lo Zar appunto: Ivàn Zaytsev. Uno dei giocatori più forti d’europa, lo schiacciatore numero uno della nazionale italiana. Sì perché il nome è russo, ma lui è nato a Spoleto, nel 1988. Ed è italianissimo.

Ci giocavo contro già nei raduni del minivolley, poi nei primi campionati giovanili, under 14, under 16… Dal 2002-2003 al 2004-2005 abbiamo fatto parte della stessa squadra: la giovanile della RPA PERUGIA all’epoca in A1. Facevamo il campionato Under 17 e pure quello umbro di serie C. Era una specie di rappresentativa territoriale: due o tre giocatori di Spoleto, due di Foligno, tre di Perugia, tre di Chiusi, due di Castigliane del Lago, uno di Cortona… Io ero la riserva di Ivàn Zaytsev che all’epoca abitava a Foligno.

Che fosse un predestinato si capiva. Era facilmente intuibile. Non ci voleva di essere stregoni per accorgersene. E non solo perché era figlio di Wlyacheslav Zaitsev, detto “Slava”, palleggiatore della nazionale russa, anzi sovietica, due volte medaglia d’oro alle Olimpiadi, due volte campione del mondo e sette volte campione d’Europa, inserito nella Hall of fame del volley.Un riconoscimento che spetta solo ai fenomeni. E anche la madre non era da meno, essendo stata una famosa nuotatrice, medaglia d’argento ai mondiali del 1966 in Olanda… Ivàn è nato a Spoleto perché il padre ha giocato a lungo in Italia, anche a Spoleto e Città di Castello, rimanendo poi nell’ambito del volley in Umbria, prima di tornare in Russia.

Una volta Ivàn e io ce lo trovammo contro, in campo, in una gara di serie C. Aveva 52 anni, allenava, ma in quell’occasione, per mancanza di giocatori, dovette giocare lui. Fece pure la sua figura…

Dicevo di Ivàn predestinato. E certo, con due genitori del genere, il pedigree c’era tutto. Ma lui aveva voglia di emergere, grinta, anche a 8 o 14 anni… E aveva pure un fisico bestiale. A 17 anni era già due metri… Poi è diventato 2,02, più la cresta.

Sprecato per fare il palleggiatore. Anche perché già allora picchiava sul pallone che era un piacere, quando gli capitava l’occasione. E io ero lì apposta per fargliela capitare quell’occasione. Ma se ci fosse stato un altro al mio posto sarebbe stata la stessa cosa. Naturalmente lui, Ivàn, non disdegnava. Gli piaceva quel testacoda…

L’allenatore se ne accorse. E cominciò ad applicare quasi sistematicamente la mossa del cambio palleggiatore-opposto, a gara in corso. Soprattutto quando la gara si metteva male o era in salita. Per inciso, quell’allenatore si chiama Marco Monaci, vive a Castiglione del Lago, ha 40 anni e adesso allena una squadra di serie D. Io entravo a sostituire l’opposto e andavo a palleggiare e Ivàn si spostava nel ruolo dell’opposto a schiacciare. Dovevo servire soprattutto lui. Ne vincemmo parecchie di partite in questo modo. Con le sue bordate micidiali.

Nella stagione successiva (2004-2005), arrivammo a fare la finale play off di serie C, per la promozione in B2… Quella partita io non giocai. Perdemmo. Ma non per questo, naturalmente. Perdemmo perché eravamo ragazzi. Gli altri erano più esperti e più forti. L’allenatore nel frattempo era cambiato: Alessandro Fammelume, marchigiano di Macerata… e anche lui applicò in diverse partite la medesima mossa.

C’è voluto del tempo, però, perché quella “mossa tattica” diventasse una scelta definitiva, non più e non solo un aggiustamento in corsa…

Ivàn ha continuato a giocare da palleggiatore anche in serie A, prima a Perugia, poi a Latina e a Roma… Nel 2008, finalmente la metamorfosi e il cambio di ruolo, dimostratosi scelta più che vincente, per lui, per la sue squadre di club (Roma e Macerata) e per la Nazionale…

Come palleggiatore Ivàn era bravo. Molto bravo. Ma non eccelso. Non un top player assoluto come lo fu suo padre. Forse quell’eredità, quel paragone ingombrante gli pesava. Soffriva, sembrava giocare con il freno a mano tirato. E probabilmente il cambio di ruolo lo ha “liberato”, ne ha sprigionato tutta la rabbia, la determinazione e la potenza che palleggiando non poteva gettare in campo… Prima opposto, poi schiacciatore di banda. Ultimamente, nel 2014, Ivàn lo zar, è andato a giocare in Russia, alla Dynamo Mosca, come  uno dei giocatori italiani più pagati… Poi, è toprnato a casa. Adesso gioca a Perugia nella Sir Safety del vulcanico presidente Sirci, con quell’altro predestinato che si chiama Atanasievic…

Io ho giocato fino alla scorsa stagione per puro divertimento in serie C,  in una squadra praticamente autogestita. Siamo retrocessi. Quest’anno, anno sabbatico, poi si vedrà… Ma oggi, a distanza di 10 anni e passa, posso dire, con una punticina di orgoglio di aver contribuito, in piccola parte anche io, all’evoluzione dei quel ragazzone biondo, con la pelle bianca come il latte, la cresta e il nome russo. Che tutti chiamano “lo Zar”. Perché è un predestinato. Un condottiero. Un trascinatore. Uno capace di infilare quattro aces di fila ad occhi chiusi, se c’è da rimontare… So che si è pure sposato ed ha un figlio. Chissà se parla ancora con quell’accento folignate…  Su facebook gira una battuta: “se il tuo cuore batte forte o ti sei innamorato o il tuo cuore è Ivan Zaytsev!”

Non male.

Dasvidania Ivàn!

Gianluca Lorenzoni

 

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