VIRGINIA RAGGI, LE OLIMPIADI E IL LATO TRISTE DI UNA VICENDA ITALIANA

giovedì 22nd, settembre 2016 / 16:23
VIRGINIA RAGGI, LE OLIMPIADI E IL LATO TRISTE DI UNA VICENDA ITALIANA
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Il problema non sono le Olimpiadi.
Mai pensato che il grado di civiltà di un paese si misuri con le manifestazioni sportive che riesce ad organizzare. Con quelle si misura, semmai, l’incoscienza, tipo la Grecia del 2004; nel migliore dei casi, la voglia di esibire al mondo il proprio progresso tecnologico e il (presunto) benessere economico.
Le Olimpiadi durano venti giorni. E sono importanti gli atleti che le nobilitano con le loro imprese: correndo, saltando, nuotando o tirando di scherma… Le cosiddette “infrastrutture” tipo autostrade-aereoporti-centroconvegni-palazzine megagalattiche, ce le abbiamo messe dopo.
Leggevo i reportage di Londra 1948, alcuni giorni fa, e c’era da emozionarsi… Una città in macerie che aveva luce e pane razionati con gli atleti che alloggiavano in posti di fortuna, equipaggiati dal poco che passava l’Esercito. Eppure, furono le Olimpiadi del fenomenale Zatopek e di Fanny Blankers-Koen, l’olandese volante. Di Consolini e Tosi: di un mondo che ricominciava a respirare e traduceva in solido il vero messaggio dello sport; che è cultura, gioia e fratellanza.
Non uno di quegli atleti ebbe a lamentarsi. Nemmeno della “leggerezza” delle medaglie d’oro: che erano in effetti meno “dorate” del solito, perché avevano dovuto risparmiare anche su quelle.
Ecco.
In questo senso mi piacerebbe tanto che le prossime Olimpiadi potesse organizzarle la Finlandia, che è la terra del grande Paavo Nurmi e di tante leggende dell’atletica: oppure il Kenya, o l’Etiopia, che sono le regine del fondo e del mezzofondo…. E per una suggestione del genere baratterei volentieri una cerimonia d’apertura da un miliardo di dollari (tanto costò quello schiaffo alla miseria di Pechino 2008).
Non è avvilente, dunque, rinunciare ad un’Olimpiade.
Si vive bene lo stesso, e forse anche meglio.
E’ avvilente, semmai, tutta quella pletora di “Osanna” che accompagnano queste decisioni; come successe a Mario Monti, che impennò la sua popolarità ( e lui, già che c’era, spropositò persino di chiudere il calcio per due-tre anni).
Perché quegli “Osanna”, giusti o sbagliati che siano, quasi mai sono il frutto di un’idea, o di una riflessione… Vengono piuttosto dalla pancia, e soprattutto dalla rassegnazione che ormai alberga in questo Paese.
Gli applausi alla Virginia Raggi (che condivido quasi totalmente) partono da lì: da un popolo rassegnato alla corruzione e al malaffare, e convinto che ogni occasione sia buona per mettere in mostra i nostri istinti peggiori.
Rassegnati alle strade che costano il quadruplo che nel resto del mondo, ai ponti che crollano dopo l’inaugurazione, alle scuole cominciate e mai finite. Alle Risonanze Magnetiche tra quindici mesi e a Striscia la Notizia che scova discariche abusive, finti maghi, topi nelle mense e funzionari comunali che non vanno mai a lavorare.
“E con questa roba, voi vorreste pure le Olimpiadi?”.
E giù applausi.
Ecco il lato davvero triste di questa vicenda.

Riccardo Lorenzetti

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