PREVENZIONE DEL CANCRO AL SENO. BREVE STORIA DI UN’ECOGRAFIA MAI EFFETTUATA

giovedì 11th, febbraio 2016 / 08:44
PREVENZIONE DEL CANCRO AL SENO. BREVE STORIA DI UN’ECOGRAFIA MAI EFFETTUATA
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All’ingresso del parcheggio dell’ospedale di Nottola campeggia un gran manifesto sulla prevenzione del cancro al seno.

Non è l’unico. Di manifesti simili gli ospedali sono tappezzati. “La prevenzione è l’arma migliore contro il cancro” è il motto anche di radio, Rete e televisione che, solerti, raccomandano di effettuare regolarmente l’autopalpazione al seno per identificare un’eventuale anomalia e intervenire quanto prima. A partire dai cinquant’anni (sempre se ci arrivi), ti arriva annualmente l’invito ad effettuare una mammografia di controllo.

Una diffusione capillare, insomma, che traduce in realtà la speranza di non restarci secca. Almeno, fino a quando dalle parole non si passa ai fatti.

Già. Mettiamo che la tua ginecologa, data l’imminenza dei cinquanta, ti abbia prescritto un’ecografia al seno, che non c’è nulla di grave o di sospetto, rassicura, ma meglio verificare. La precauzione non è mai troppa.

E che problema c’è, ti dici tu donna, cui la prevenzione salva la vita perché una su dieci viene colpita dal tumore al seno. E così, baldanzosa, te ne vai all’ambulatorio dell’ospedale del tuo comune a chiedere l’impegnativa. L’assistente del tuo medico curante è un po’ meno baldanzosa. Riduce il suo  lavoro ad una  mera, asettica emissione di foglietti bianchi e rossi su cui scrive qualunque cosa tu le dica. Il resto è noia, ma vabbè, ora una mica si mette a cercare il pelo nell’uovo.

Certa del tuo diritto alla prevenzionechetisalvalavita, te ne vai zelante al Cup per la prenotazione ed ecco che il meticoloso impiegato (lui per davvero) ti informa che a seguito dell’ultima riforma sanitaria, la dicitura controllo fibromi oppure solo controllo, non va più bene. Che così formulata la prenotazione non si può fare. E come mai l’assistente non lo sapeva?, chiedi. Perchè è compito del medico, che invece lo sa, informare i suoi assistenti delle riforme. Vero, il meticoloso impiegato ha ragione. Poi la giornata la perdi tu ma lui ha ragione.

È un bravo impiegato, il suo lavoro lo esegue con scrupolo e a fare la prenotazione ci prova comunque, ma il sistema non glielo permette. Alla fine, consiglia di rifare l’impegnativa ma, questa volta, dal medico. Meglio, dice. Così, magari l’ecografia riesce a farla prima, le liste di attesa sono lunghe, dice pure. Lunghe fino al 2018, aggiunge.

Ah, dici tu e ti riavvii all’ambulatorio con la baldanza alle ginocchia.

Il dottore c’è. Ma solo perché tra l’andare su è giù, s’è fatto mezzogiorno. Secondo tabella il dottore riceve dalle undici all’una. Nella realtà, non appare mai prima di mezzogiorno. Però vabbè, con queste schiarite di luna, una mica si mette a cercare il pelo nell’uovo.

Ti fai l’ennesima fila e, finalmente, entri. Spieghi l’accaduto e, manco finisci di parlare che il medico si è già innervosito: “certo, al Cup la fanno facile, ma io come faccio a farle fare l’ecografia prima. Soffre di qualche patologia grave?”

Tu speri proprio di no ma, guarda un po’, è proprio il motivo per cui hai bisogno dell’ecografia.

“Adesso le leggo le patologie previste e lei mi dice se ne ha una”, dice il dottore mentre afferra un plico e inizia a leggere una sfilza di patologie con tono irritato.

Arrivati alla quarta, gli dici che in verità non spetta a te fare la diagnosi e che, insomma, tu devi fare un’ecografia o un cavolo di controllo ed è tutta la mattina che vai avantindrè senza aver concluso nulla. “Vabbè, ho capito” risolve lui alterato, “mettiamo questa”. Sceglie una patologia minore, e te la schiaffa lì, infastidito, manco tu gli avessi chiesto il solito favore aggratisse: “questa gliela devono fare entro 180 giorni, va bene?”

Certo, rispetto ai due anni prospettati, va una meraviglia. Cosa vuoi che siano 180 giorni. Solo sei mesi. Se ci arrivi viva, è fatta. Perché ora lo sai: prevenire è meglio che curare, ma solo se hai una patologia grave.

 

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