CHIUSI SCRIVE A PERUGIA: “RIDATECI IL SACRO ANELLO!” (IN PRESTITO, SENZA DIRITTO DI RISCATTO)

giovedì 14th, gennaio 2016 / 11:48
CHIUSI SCRIVE A PERUGIA: “RIDATECI IL SACRO ANELLO!” (IN PRESTITO, SENZA DIRITTO DI RISCATTO)
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CHIUSI – Il vicesindaco reggente Juri Bettollini ha deciso di aprire la campagna elettorale. Ieri ha diffuso un comunicato in cui annuncia l’imminente definizione dell’iter di alcune opere importanti come il palasport e la demolizione dell’ex centro carni, fermata da un ricorso al Tar, oltre a lavori stradali e interventi vari. Oggi l’annuncio dell’apertura di un altro fronte, questa volta di taglio storico culturale, ma con una forte vena rivendicatoria. E nell’anno del Giubileo della Misericordia, sembra un preciso segnale lanciato agli ambienti cattolici cittadini. Vuole riportare a Chiusi una antica reliquia simbolo: il Sacro Anello. Che secondo la leggenda sarebbe l’anello nuziale della vergine Maria che è custodito a Perugia, ma fu rubato, forse su commissione, da un frate tedesco, proprio da una chiesa di Chiusi, nel 1473.

“Chiediamo alla città di Perugia la sua restituzione per poterlo venerare almeno due volte l’anno. Scriveremo alle autorità ecclesiastiche umbre, toscane e al Santo Padre. Uniremo la città per combattere questa ingiustizia storica” scrive Bettollini su facebook, nel lanciare la battaglia con tanto di immancabile ashtag.

Il frate tedesco si chiamava Fra Winterio di Magonza e fu arrestato e incarcerato per il furto nel 1474.

Ma Perugia non ha mai voluto rinunciare alla reliquia.  Trovandosi sulla strada per Assisi e per Roma, l’anello avrebbe fatto di Perugia non più una zona di solo passaggio, ma anche di visite devozionali con il conseguente beneficio econonomico. Cosa a cui le gerarchie ecclesiastiche sono sempre state sensibili. A partire dal 1487 venne fondata la Confraternita dell’Anello che istituzionalizzava la venerazione della reliquia. Questo, insieme alla fondazione della compagnia di San Giuseppe da parte di Fra Bernardino da Feltre contribuì all’istituzione del culto della Sacra Famiglia.

L’anello, di colore verde chiaro traslucido, è di calcedonio anche se in precedenza si credeva che fosse di onice. E’ custodito in un prezioso reliquiario, opera degli orafi perugini Bino di Pietro e Federico e Cesarino del Roscetto, conservato in due cassaforti, una in legno e l’altra in ferro, poste in una camera a otto metri di altezza sopra l’altare e protette da un frontale di legno. Per aprirle sono necessarie 14 chiavi, sette delle quali sono conservate dal Comune, quattro dai canonici della Cattedrale, una dall’arcivescovo, una dal Nobile Collegio del Cambio e una dal Collegio della Mercanzia. L’anello è sospeso ad una catenella d’oro, all’interno del reliquiario, a sua volta attaccata ad una corona d’argento dorata con incastonate delle pietre preziose. La reliquia si espone nei giorni 29 e 30 luglio, in occasione della festa del Santo Anello ossia nella memoria liturgica dello sposalizio della beata Vergine Maria ed anniversario dell’arrivo a Perugia della Reliquia, ed anche il 12 settembre, festa del Santissimo Nome di Maria. La cerimonia è conosciuta con il nome de ‘La calata del Sant’Anello’: dopo l’apertura delle casseforti il reliquiario viene ‘calato’ al piano dell’altare della cappella attraverso un procedimento meccanico a forma di nuvola argentea, seguito dalla solenne ostensione (vedi anche un meccanismo simile nel Duomo di Milano per portare giù il Sacro Morso). Ultimamente viene anche ritrasmessa in diretta su maxi schermi collocati nella cattedrale e fuori.

Che si tratti veramente dell’anello della vergine Maria non è detto. Anzi è quasi certo che non lo sia. La tradizione che attribuisce l’anello alla vergine Maria non ha un reale fondamento e l’esame gemmologico eseguito nel 2004 determina che è un manufatto orientale del I secolo d.C. e la sua funzione potrebbe essere stata quella di un anello-sigillo.

Si sa però che dalla fine del secolo X si trovava a Chiusi proveniente da Gerusalemme. Secondo la tradizione, la Vergine lo avrebbe consegnato all’apostolo Giovanni prima di morire. Poi non si sa come arrivò nelle mani di un commerciante di Gerusalemme che lo vendette a un orafo di Chiusi. La leggenda dell’arrivo dell’anello a Chiusi è riportata in un codice dell’XI secolo conservato nella Biblioteca Angelica di Roma ritrovato dal padre Giovanni Crisostomo Trombelli che la trascrisse nell’anno 1765 nella sua opera ‘Mariae sanctissimae vita ac gesta cultusque illi adhibitus’. A Chiusi fu custodito prima nella basilica di S. Mustiola (sulla strada del lago), poi dal 1271 nella cattedrale di San Secondiano e infine nella Chiesa di San Francesco. E’ da lì che fu trafugato da quel malandrino di fra Winterio.

Adesso Bettollini, imbarcandosi in una battaglia che è stata per anni un chiodo fisso di Stefano Bistarini, quando era priore dei terzieri,  lo rivuole. Almeno per 2 volte l’anno. E forse sulla base di un prestito temporaneo senza diritto di riscatto,  la trattativa può andare avanti. Di restituzione a titolo definitivo non credo se ne parli. Perugia su questa ipotesi non si siederà nemmeno al tavolo.

Questa battaglia forse un tantino elettorale ci fa venire in mente un’altra storia. Molti anni fa, nei primi anni ’90 come Primapagina lanciammo la proposta di riportare a Chiusi il famoso “Vaso Francois” splendido vaso etrusco custodito al Museo Archeologico di Firenze. Perché un reperto chiusino doveva secondo noi, stare a Chiusi dove c’è peraltro un museo nazionale. Molti a Chiusi erano d’accordo con quella battaglia. Ma il soprintendente dell’epoca ai beni archeologici della Toscana Francesco Nicosia telefonò in redazione, chiese del direttore e con tono del tutto amichevole disse: “direttore, con tutto il rispetto per Chiusi, lei sa quante persone vedono il Vaso Francois a Firenze e quante lo vedrebbero a Chiusi? Penso di sì. Quindi, dia retta a me, lasci che il Vaso resti a Firenze. E’ molto meglio anche per Chiusi, se ne volete fare una questione di visibilità, di prestigio, di pubblicità…”. Fu piuttosto convincente.

Per il Sacro Anello forse è la stessa cosa. Anche se qui c’è di mezzo pure la fede, la devozione, la tradizione, la leggenda… Tutte cose che evidentemente a Bettollini stanno molto a cuore. E che in campagna elettorale possono tornare utili. Tanto più che su questa vertenza non troverà oppositori. Se e finché rimane una vertenza storico-culturale; la “venerazione” di reliquie è un’altra cosa e attiene ad altre sfere di cui la politica e le amministrazioni pubbliche non dovrebbero occuparsi.

Marco Lorenzoni

 

 

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