29 DICEMBRE 1890: IL SOGNO DI ALCE NERO E I CANNONI AMERICANI

martedì 29th, dicembre 2015 / 20:15
29 DICEMBRE 1890: IL SOGNO DI ALCE NERO E I CANNONI AMERICANI
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Oggi è il 29 dicembre. Il 29 dicembre del 1890, 125 anni anni fa negli Stati Uniti ci fu un massacro. Qualcuno la chiamò battaglia. Ma non fu una battaglia, fu un  massacro a sangue freddo.  In una pianura innevata oltre 150  Sioux Lakota, radunati in quel luogo dal 7° reggimento di Cavalleria dell’esercito statunitense furono sterminati a cannonate, solo perché si misero a danzare. Forse per il freddo, forse per lanciare un messaggio non violento e di pace. Le giacche azzurre comandate da un certo generale George A. Forsyth si innervosirono, ebbero paura di quella danza degli spiriti e aprirono il fuoco. Ma maggior parte degli indiani erano donne e bambini che dovevano essere deportati in una riserva.

Forse ebbero paura i soldati americani, O forse vollero semplicemente vendicare la sconfitta cocente subita 13 anni prima a Little Big Horn ad opera dei Sioux Lakota di Cavallo Pazzo e Toro Seduto proprio dal Settimo Cavalleggeri, comandato da un altro George A. George Armstrong Custer.  Quella era rimasta una ferita aperta e c’era chi allora scriveva frasi come “La nostra sicurezza dipende dallo sterminio totale degli indiani. Dobbiamo cancellare dalla faccia della terra queste creature non addomesticate né addomesticabili”. Frasi che ricordano quelle che oggi molti pronunciano quando si parla dell’Isis, della minaccia islamica… E che alla fine dell’800, praticamente negli stessi anni di Wounded Knee, in Italia pronunciavano i “padroni delle ferriere” che invocavano i cannoni dell’esercito per fermare l’avanzata (o la resistenza) del quarto stato, del proletariato che cominciava ad avere rappresentanza nel socialismo nascente… E i cannoni non tardarono a tuonare a Milano nel 1898, agli ordini del generale Bava Beccaris…

Gli indiani, Sioux, Cheienne, Navajos, Apache, Piute, Nez Perces o Mescaleros non erano terroristi, né usurpatori. Né rivoluzionari o sovversivi.

Erano semplicemente gli abitanti originari di quelle terre. Erano loro gli americani. E furono prima costretti alla fame con lo sterminio scientifico dei bisonti (loro principale fonte di sussistenza), poi fiacccati con la diffusione (anche quella scientifica) delll’alcol e delle malattie, ma anche con azioni di guerra. All’epoca del massacro di Wounded Knee, alla fine del 1890, però le guerre indiane erano ormai alla fine, la resistenza dei pellerossa era stata quasi completamente annientata. Per questo quella carneficina fu ancora più insensata e inutile, salvo a ratificare la supremazia dei visi pallidi, la vittoria finale del loro “progresso” sull’economia selvaggia e “fuori tempo” dei nativi, sulle loro penne, sulle loro danze..

Non sapevo in quel momento che era la fine di tante cose. Quando guardo indietro, adesso, da questo alto monte della mia vecchiaia, ancora vedo le donne e i bambini massacrati, ammucchiati e sparsi lungo quel burrone a zig-zag, chiaramente come li vidi coi miei occhi da giovane. E posso vedere che con loro morì un’altra cosa, lassù, sulla neve insanguinata, e rimase sepolta sotto la tormenta. Lassù morì il sogno di un popolo. Era un bel sogno… il cerchio della nazione è rotto e i suoi frammenti sono sparsi. Il cerchio non ha più centro, e l’albero sacro è morto.”

Così Alce Nero ricorda la strage di Wounded Knee. Un episodio che è stato raccontato in maniera magistrale, così come tutta la “conquista del west” in un libro: Seppellite il mio cuore a Wounded Knee di Dee Brown. Il libro racconta la strage di Wounded Knee come l’ultimo episodio delle guerre indiane,  ma lo fa senza retorica, senza orpelli, senza nemmeno cedere al buonismo nei confronti dei pellerossa. Un libro che quando uscì  divenne un best seller e costrinse l’America a fare i conti con la sua storia.

E’ del 1970, uscì in piena guerra del Vietnam e leggendo dello sterminio dei bisonti, veniva alla mente la distruzione della giungla vietnamita con il famigerato diserbante “Agente Orange”. In entrambi i casi, si distrusse un intero ecosistema per piegare un nemico. Gli Americani usarono quaranta milioni di litri di Agente Orange, sperando di snidare i guerriglieri Vietcong. Per oltre 40, la gente di quelle zone ha continuato a morire di tumore e i bimbi a nascere con malformazioni.

Ecco, oggi, 29 dicembre, con tante minacce e tante stragi in giro, ci sembra giusto, doveroso e politicamente corretto ricordare il massacro di Wounded Knee, che vuol dire ginocchio ferito. Solo che in quella pianura imbiancata dalla neve non fu ferito solo un ginocchio. Fu uccisa definitivamente un’epoca, fu messo il sigillo ad una operazione di pulizia etnica e di sterminio fatta in nome del progresso, della civiltà occidentale e del mercato.

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