1864: UN PIEVESE E UN CETONESE GHIGLIOTTINATI DAL NUOVO STATO UNITARIO ITALIANO…

venerdì 23rd, ottobre 2015 / 17:26
1864: UN PIEVESE E UN CETONESE GHIGLIOTTINATI DAL NUOVO STATO UNITARIO ITALIANO…
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CITTA’ DELLA PIEVE – Che la nascita dello stato unitario italiano non fu un parto indolore lo sappiamo. I libri di storia delle elementari non ce le hanno raccontate, ma ormai si conoscono le stragi di civili fatte dai piemontesi nel sud “occupato” (da Bronte a Pontelandolfo e Casalduni). Sappiamo che le truppe di Vittorio Emanuele II fecero nel meridione d’Italia quello che i nazisti fecero a Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema o Civitella in Valdichiana, che uccisero e stuprarono le donne come i soldati italiani in Grecia, in Albania nel ’41 e come fecero i franco-marocchini nel ’44 in Ciociaria o in Valdorcia… Sappiamo che i Piemontesi ebbero diritto di saccheggiocome i lanzichenecchi a Roma nel ‘500,che usarono la tortura come i francesi in Algeria, i Marines americani ad Abu Grahib, gli squadroni della morte di Pinochet in Cile…

Io non sapevo che i piemontesi fecero al Sud quello che i nazisti fecero a Marzabotto. Ma tante volte, per anni. E cancellarono per sempre molti paesi, in operazioni “anti-terrorismo”, come i marines in Iraq. Non sapevo che, nelle rappresaglie, si concessero libertà di stupro sulle donne meridionali, come nei Balcani, durante il conflitto etnico; o come i marocchini delle truppe francesi, in Ciociaria, dell’invasione, da Sud, per redimere l’Italia dal fascismo (ogni volta che viene liberato, il Mezzogiorno ci rimette qualcosa). Ignoravo che, in nome dell’Unità nazionale, i fratelli d’Italia ebbero pure diritto di saccheggio delle città meridionali, come i Lanzichenecchi a Roma. E che praticarono la tortura, come i marines ad Abu Ghraib, i francesi in Algeria, Pinochet in Cile. Ora sappiamo che si incarcerarono i meridionali senza accusa, senza processo e senza condanna, come è accaduto con gli islamici a Guantánamo. Lì qualche centinaio, terroristi per definizione, perché musulmani; da noi centinaia di migliaia, briganti per definizione, perché meridionali.. Garibaldi parlò di “cose da cloaca”… E anche lui fu fermato dai piemontesi prima che potesse mettere in discussione il potere regio del nuovo stato nascente…

E lo Stato nascente non disdegnava di mostrare il pugno di ferro anche nell’amministrazione della giustizia. E anche la nuova Italia aveva i suoi “mastro Titta” nei primi anni di vita, quando ancora la capitale era Torino o Firenze. Non ancora Roma. Chi era Mastro Titta? Un boia. Giovanni Battista Bugatti, detto “er boja de Roma”. Il boia  più famoso dello Stato Pontificio, quello ched al 1796 al 1864  accompagnò al patibolo e giusiziò più di 500 condannati a morte: 514 per la precisione.  Proprio nell’anno in cui Mastro Titta andò in pensione (1864) a Perugia, da poco passata dallo Stato Pontificio allo Stato unitario italiano in seguito a plebiscito e ancora memore della carneficina di civili fatta dalle truppe francesi e papaline nella zona del Frontone (20 giugno 1859), fu eseguita una duplice sentenza capitale. Mediante ghigliottina.

Era l’11 Luglio. I condannati cui fu tagliata la testa erano due pievesi. Anzi un pievese del contado e uno della frazione di Salci, residente a Cetona.  Per l’esattezza: Innocenzo Pio Scucchi, di Antonio, di anni 35, residente a S. Bartolomeo e  Gioacchino Cacioli detto Persichino, del fu Vincenzo, di anni 29, nato a Salci e domiciliato, appunto a Cetona.
I due erano stati condannati, con Sentenza della Corte d’Assise di Perugia del 9 Dicembre 1863, alla pena di morte perché  “colpevoli di depredazione di denaro ed altri oggetti per valore superiore alle 500 lire, a danno di Luigi Grancio, la mattina dell’ 11 maggio 1862, nella di lui casa d’abitazione posta a S. Bartolomeo, depredazione accompagnata da 2 omicidi volontariamente commessi nelle persone di Stella Grancio e Paolo Grancio, moglie e figlio del derubato, mediante colpi d’istrumento comburente ed incidente allo scopo di eseguire o facilitare la consumazione del reato e di procurare l’impunità agli autori del medesimo”. Scampò alla ghigliottina invece, per “circostanze attenuanti”, Paolo Scucchi, di anni 42,  fratello di Innocenzo, morto a Cetona nel 1890.

Evidentemente lo Stato unitario italiano voleva dare fin da subito l’impressione di essere uno stato forte. Inflessibile con assassini, ladri e malviventi o “briganti” in genere.  E colpendo duramente il brigantaggio e la “devianza sociale” il nuovo Stato voleva anche far capire ai “sudditi” che la speranza giacobina e garibaldina era già finita e che stava cominciando un’altra storia…

m.l.

 

  • Si ringrazia Massimo Neri per aver ricordato questa storia, sulla pagina facebook “Pieve viva”

 

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